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“Come impronte nella neve” di Miriam Ballerini

Miriam Ballerini ha la grande dote, coltivata e fatta crescere libro dopo libro, dal suo primo (2002) “Il giardino dei maggiolini” all’ultimo (2017) “Come impronte nella neve”, di riuscire ad essere una scrittrice impegnata, attenta ai problemi sociali, e al tempo stesso una narratrice che coinvolge e appassiona.

La lettura di “Come impronte nella neve” è un’emozione continua e senza pause: poche volte ho avuto la fortuna di imbattermi in un volume così abilmente pensato e costruito, dove ogni pagina e ogni episodio sono momenti importanti, arricchiti di conoscenze e sensazioni vere e profonde. Non dimentichiamo che l’autrice, prima di scrivere il romanzo “Fiori di serra”,  ambientato nel carcere di Como, ha chiesto e ottenuto di provare l’esperienza di essere rinchiusa in una cella; questo bisogno di autenticità, di provare per comunicare verità, fa sì che quando l’autrice esprime pensieri, turbamenti, comunichi qualcosa che lei ha sperimentato e conosciuto, prima di metterlo su carta. Quando parla di prendere tra le mani un serpente e accarezzarlo, siate sicuri che  esprime sensazioni che lei ha provato di persona.

Leggendo, saranno le nostre paure,  il nostro cuore più o meno generoso o indurito, la nostra capacità o incapacità di aprirci al prossimo, a farci condividere o meno la vita di Zeljka, la protagonista del libro. Inevitabilmente incontreremo personaggi che ci saranno simpatici o sgradevoli, però, nessuno di loro uscirà completamente vincitore o sconfitto. Nessuno viene condannato, quali siano le sue colpe, meschinità, i suoi limiti, perché “Come impronte nella neve”, racconta la vita di persone che sono vere a 360 gradi, non epopee di eroi, non delitti e castighi. Una storia che potrebbe in certi passi diventare tragedia, pagina di cronaca, ma che resta vita vera con i suoi momenti belli e i suoi dolori, quando invece che aiutarci o sopportarci, spesso ci facciamo del male l’un l’altro.

Se ci sono lettori che, come me, sovente si fanno prendere dalla frenesia di arrivare alla fine di un libro e saltano pagine, più per potere passare a una nuova lettura che per la curiosità di sapere come va a finire, sappiate che questo non succederà con il libro dei Miriam Ballerini, perché ogni momento ha tensione, importanza, una profonda dignità.

Marco Salvario

 

Miriam Ballerini scrive libri, l’ha sempre fatto, da quando aveva dodici anni. Trova ispirazione nelle storie degli ultimi, perciò si dedica alla narrativa sociale, dove, in romanzi d’invenzione, può inserire le vicende del vissuto di chi vive ai margini. Nel 2002 ha pubblicato il suo primo romanzo, trovando fin da subito case editrici piccole, ma che hanno dimostrato di credere in quanto scrive. In questi quindici anni ha ricevuto molti premi e riconoscimenti. Ha pubblicato: Il giardino dei maggiolini (2002), Dietro il sorriso del clown (2003), La casa degli specchi (2004), Bassa marea (2005), Fiori di serra (2008), L’ultimo petalo (2011), Diario di una ragazza del sud (2015).

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