Un posto in cui mettere radici
Per alcune persone è impossibile mettere radici in un posto o in un luogo in particolare, preferiscono vagare ed essere abitatori del mondo. Una scelta condivisibile ma molto coraggiosa. Di questo e molto altro parla la storia di Adriano, il protagonista di Le radici impossibili di Alfredo Poloniato, edito dalla Kimerik. Io l’ho intervistato per voi, buona lettura.
Alcune volte è impossibile mettere radici anche per le piante, per una questione di terreno, poca o troppa acqua. Cos’è accaduto al protagonista del suo libro, Adriano? Fin da bambino Adriano si era dimostrato troppo sensibile, legato alla famiglia, alla terra e al villaggio che rappresentavano la sua sicurezza. Ma quando nell’Istria del dopoguerra i nuovi padroni jugoslavi imposero un nuovo modo di relazionarsi, e cambiarono la lingua e le abitudini, Adriano si sentì come tradito e in lui cominciò a germogliare il rifiuto di un luogo e di un’identità che non sentiva più suoi. Fuggito da casa, continuò a non sapere identificarsi in alcun posto, mentre pian piano nella sua mente cominciava a farsi strada il tarlo di quella malattia che lo portò all’autodistruzione.
Senza passato non abbiamo futuro, ma alcune volte esso ci distrugge il presente. Lei cosa ne pensa? E’ proprio quanto è accaduto. Rifiutato il passato e insoddisfatto del presente non riuscì a progettare il futuro. Così fermarsi in un luogo e mettere radici diventò impossibile, anche quando incontrò l’amore di una donna eccezionale come Valentina. Qualcuno ritiene che ho idealizzato troppo la figura di Valentina, ma lei era veramente così. Noi, che eravamo i loro amici, provavamo tutti un grande affetto per lei.
Quando è nata la voglia e il desiderio di scrivere questo libro? Mi è sempre piaciuto raccogliere appunti sui fatti importanti che accadevano intorno a me perché temevo che col tempo avrei perso l’emozione provata nel momento in cui le cose capitavano. Alla morte di quasi tutti i principali protagonisti ho pensato di fissare le loro storie per non dimenticarli più, e ho trasformato appunti e ricordi in un romanzo per far si che anche altri potessero conoscerli.
Oltre allo scrivere che passioni coltiva nella vita quotidiana? Mi occupo di sport avendo frequentato in passato dei campionati di basket. Ma da diversi anni sono impegnato come volontario in qualche associazione che si occupa dell’affidamento di figli minori in presenza di separazione o divorzio della coppia genitoriale. La mia più che ventennale (e a volte devastante) esperienza in materia è stata descritta in un altro mio libro intitolato: L’affidamento delle “palle al piede”, dove le “palle al piede” sono due minori maltrattate e stritolate dagli operatori dei tribunali, quasi sempre distratti e spesso impreparati in materia.
Cosa intravede nel suo futuro? Temo che nel mio futuro non ci sia molto. Conservo nel cassetto altre opere che forse non pubblicherò mai perché le difficoltà che incontrano gli autori sconosciuti sono molto pesanti e spesso dispendiose.
Sta progettando un altro romanzo? In questo momento progetti nuovi non ne ho. Ma si può dire che sto terminando la stesura di un nuovo romanzo nel quale vengono coniugati e intrecciati tra loro i due argomenti suddetti, ossia il mondo sportivo del basket e l’affidamento dei figli minori; ma forse è meglio dire delle “adozioni” di bambini, più o meno clandestine.
Anna Pizzini