#WhatsAppDown. L’app va in tilt: panico in Rete
Pare essersi scatenato il panico ieri, quando, allo scattare delle 19.30, Whatsapp, l’applicazione di messaggeria istantanea e gratuita per cellulari, va in tilt in tutto il mondo. I social network e Twitter in particolare grondano di hashtag “WhatsAppDown”.
L’applicazione rimane bloccata per quasi quattro ore e saranno gli stessi utenti dei social a diffondere immediatamente la notizia del suo ripristino: milioni di persone che si sono sentite private improvvisamente della loro possibilità di comunicare e condividere con i propri contatti foto, video e messaggi vocali.
«Spiacenti, abbiamo problemi di server, speriamo di recuperare presto», ha scritto WhatsApp sul suo profilo Twitter, giustificandosi del disservizio che ha colpito la chat bloccando milioni di internauti. E alle ore 23.30, alla riattivazione del servizio, arrivano le scuse: «We are so sorry…».
Immediatamente si è pensato a un attacco hacker nei confronti di Mark Zuckerberg, il magnate di Facebook che ha recentemente acquistato l’applicazione con una mega-operazione da 19 miliardi di euro. Numerosissimi i link e le battute sui social: “Adesso che l’ho comprato, lo uso solo io!” la più condivisa. E altrettante le proteste.
I 450 milioni di utenti non ci stanno, un blocco che potrebbe fermare la vorticosa crescita di popolarità dell’applicazione, che conta più di un milione di nuovi iscritti ogni 24 ore. Un ritmo che preoccupa notevolmente le compagnie telefoniche: Whatsapp sta infatti mandando in pensione gli sms.
Il panico scatenatosi rende quasi obbligatoria una breve riflessione sull’attuale società, sulla dipendenza dalla necessità di comunicare, di essere in contatto con gli altri, che quasi ci priva della nostra essenza di esseri umani. Oggi, per molti, l’interfaccia virtuale diventa una condicio sine qua non per riuscire ad esprimere se stessi e mettersi in gioco. Accanto ai link su Zuckerberg ieri, sui social, qualcuno scriveva: “Attenzione! Strano fenomeno durante un sabato sera qualunque, seduti ad un tavolo qualunque: ad un tratto è ricominciata la comunicazione verbale. Poi è tornato Whatsapp. Siamo sempre più a-social”. “Spegni il cellulare e parla, qui non c’è Rete” è un altro cartello che inizia a campeggiare in molti locali.
Sarebbe forse ora di porsi qualche domanda. L’eccessiva dipendenza dalla Rete sta mettendo seriamente in crisi la capacità di rapportarsi face-to-face con gli altri individui. Le emozioni, i sentimenti, gli “status” devono per forza passare per una tastiera?