Bianca e Friedrich

Romanzo poderoso dal lessico molto ricercato, è l’opera di Maria Giacometti Bianca e Friedrich. Forse un testo non aperto a tutti ma di sicuro di grande ricchezza culturale che, invece, a tutti sarebbe utile.

Come nasce la storia del suo romanzo o per meglio dire la storia di Bianca? La storia di Bianca è nata tanti, tanti anni fa, ma solo come breve racconto, uno fra i tanti che invento e non scrivo.  Era un breve racconto di formazione; quando ho iniziato a scriverlo è cambiato: si è arricchito di personaggi e altre storie.

Perché la scelta di quel background storico? Nello scrivere mi veniva facile fare riflessioni non solo sulla psicologia dei personaggi, ma anche su quella che poteva essere la cultura dell’epoca storica in cui Bianca e Friedrich avrebbero potuto vivere e, poiché io sono specializzata nella filosofia del ‘600, necessariamente questo doveva essere il periodo storico.

Lei parla di Bianca, una donna vissuta secoli fa, ma il ruolo della donna oggi lei come lo vede? sono veramente cambiate le cose? O fondamentalmente noi donne siamo rimaste impantanate? Ci sono state grandi donne nella storia; esiste una storiografia che cerca di dare alle donne un posto non marginale e anche molto significativo, sebbene misconosciuto, nella storia. Oggi ci sono donne al potere. Statisticamente sono ancora poche, ma non è questo che conta. Conta il fatto che le donne al potere lo sono perché hanno introiettato il registro maschile del potere. Non vale la percentuale di donne impegnate nel mondo fuori casa, sarebbe più importante che le donne esprimessero una mentalità specifica, peculiare e non imitativa. Poi dipende dalle varie culture. L’Italia è molto arretrata.

Lei dove ci vuole condurre con il suo romanzo? Il significato intrinseco, la chiave di lettura. Da nessuna parte. Se il romanzo dà piacere, direi che questa è una grande soddisfazione; se poi gli intermezzi filosofici sono comprensibili e apprezzati, la soddisfazione aumenta. La chiave di lettura? A me piacciono le storie e questa è una storia.

Quanto tempo ha impiegato per terminare la sua opera? Tanto, perché l’ho iniziato in un periodo della vita, l’ho lasciato e l’ho ripreso dopo tanti anni. L’ho finito in un anno, ma un altro anno mi ci è voluto per rivederlo: e non era mai finita. In termini di tempo, escludendo il periodo silente, dire tre anni.

 

Anna Pizzini

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