Il Ristorantino Syràh di San Vito lo Capo
Oggi parleremo di un’esperienza gastronomica che racconta di un viaggio lontano, dentro i sapori di una terra che non dimentica la lezione degli avi. Partiamo dal nome. Tutto ha un nome, le parole ci rappresentano: indicano la strada, il percorso. Dicevamo del nome, il Ristorantino Syràh.
Il diminutivo non è un orpello, quanto invece la via maestra che si deve attraversare per arrivare al gusto.
Lo chef si chiama Vito Cipponeri. Un giovane sensibile e con un progetto definito: proporre una cucina di qualità che rappresenti il territorio.
Vito Cipponeri in cucina non delega nulla, segue ogni dettaglio. Alimenta con cura maniacale i prodotti freschi e sceglie personalmente gli ingredienti del suo laboratorio. Lo si può incontrare la mattina al porto mentre sceglie il pescato da servire ai suoi clienti.
E’ schivo Vito Cipponeri, ma è un grande chef. Questa è la sintesi, ma non sarei qui se non ci fosse l’antefatto.
Il ristorante, come dicevo, è piccolo. Pochi tavoli e se vuoi fare una cucina d’eccellenza e seguire con passione ogni dettaglio non puoi servire contemporaneamente 300 clienti.
Se ne volesse ne avrebbe il Syràh di clienti. Ma lo chef appare fermo e deciso e vuole puntare tutto sulla qualità e il locale piccolo e limitato nello spazio aiuta nel raggiungimento dell’obiettivo.
Dicevamo del posto: a San Vito lo Capo ci sono centinaia di locali. Il Ristorantino Syràh è piccolo ma non fatevi ingannare: il minuto ingresso conduce a uno scintillio di sensazioni e ad una grande armonia di gusti speziati che sanno di capperi e di memorie arabe rivisitate nella tradizione siciliana.
Era da giorni che cercavo di entrare: prima “chiamata”: 19,30. Niente da fare. Prenotare? Difficilissimo. La lista sarebbe così lunga che nessuno gusterebbe le specialità di Vito.
Seconda “chiamata”: 21,30. Tutto pieno e così via fino a provocare la mia curiosità. Come mai decine di persone si mettono in coda e aspettano pazientemente?
Il grande giorno arriva: io e cari amici con cui sono felice di aver condiviso questa esperienza troviamo il posto e riusciamo ad entrare.
Sedie comode, locale ben illuminato. Piccolo, come dicevo, ma non sacrificato. Il climax è di quelli giusti. La lista dei vini è selezionata con una legittima attenzione ai sapori del territorio (Trapani).
Inquadro lo chef: lo vedo emozionato e appassionato. Mi dedica poco tempo, il suo viso è concentrato, le mani nevrili e lunghe dovranno arpeggiare nuovi aromi anche questa sera.
Nessuna sorpresa: una cena da incanto. Si parte con un “Antipasto dello chef”: un grande piatto di tanti assaggi dalla bella presentazione e dall’ottimo sapore. I prodotti sono tradizionali, ma rivisitati con fantasia in bocconcini, polpettine, involtini (abbondante è la parola magica delle porzioni, siamo in Sicilia qui e l’ospitalità è un gesto concreto). A seguire uno dei miglior cous cous mai assaggiati, sono un amante di questo piatto e si sente in bocca la densità del grano macinato a mano nella forma irregolare che assorbe meglio il sugo di pesce. E a seguire secondi straordinari.
Più sensi ci legano al cibo: il gusto, la vista, l’olfatto e il tatto.
Per la vista posso soccorrervi con qualche foto, per gli altri sensi non posso che suggerirvi di recarvi al più presto al “Ristorantino Syràh”, che di piccolo ha solo il nome.
© Riproduzione riservata (Gianfranco Natale)