CulturaSicilia

L’anima siciliana di Luigi Pirandello

Il 28 giugno del 1867 nasceva ad Agrigento Luigi Pirandello.
In tempi lontani e fuori da ogni idea di globalismo viaggiò tantissimo, conobbe persone e luoghi ma ha sempre portato nel cuore e soprattutto nelle sue opere la Sicilia.
Cos’è la sicilianità per Pirandello?
Essenzialmente, io credo, sia collegata al destino dei siciliani al fatto che gli isolani hanno dovuto subire molte dominazioni. Di volta in volta qui si sono avvicendati Fenici, greci, romani, arabi, normanni e forse solo i polacchi non hanno cercato di conquistare la Sicilia.
Terrà così bella, così ambita.
E cosa hanno dovuto imparare i siciliani? Come fare a sopravvivere? Con l’intelligenza, con la capacità di cambiare (solo apparentemente). Adattandosi. Facendosi di volta in volta concavi o convessi.
C’è una storia che mi ha sempre colpito e che è ambientata durante il regno normanno (che aveva rubato la Sicilia agli arabi). Dopo alcuni decenni la religione musulmana sembrava ormai un lontano ricordo.
A un certo punto accadde un episodio alquanto interessante: in un palazzo palermitano con dame vestite di tutto punto (all’occidentale diremmo oggi), durante un terremoto queste donne iniziarono a scappare di qua e di là gridando Allah! Allah! Allah!
Come dire che gli arabi erano passati, pur tuttavia un’idea carsica scorreva celata e così in un’infinita sequenza di culture che si sono susseguite.
Eppure i siciliani sono riusciti a mantenere una radice comune, una lingua, una cultura, un’idea di sicilianità.
Come hanno fatto? E ritorno a Pirandello.
Indossando di volta in volta delle maschere, pur sapendo nel loro cuore che le dominazioni passano, la radice resta intatta e in fondo indifferente alle “mode” passeggere.

Gianfranco Natale

Luigi Pirandello (Girgenti, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936) è stato un drammaturgo, scrittore e poeta italiano, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934. Considerato tra i più importanti drammaturghi del XX secolo, è noto per la sua produzione innovativa e i temi complessi che affronta. Ha scritto numerose novelle e racconti brevi, sia in italiano che in siciliano, e circa quaranta drammi, l’ultimo dei quali rimasto incompleto.
Pirandello nasce il 28 giugno 1867 a Girgenti, l’odierna Agrigento. Nonostante il padre lo avviasse agli studi tecnici, Luigi si iscrive alla Facoltà di Lettere, prima a Palermo e poi a Roma nel 1887. Tuttavia, a causa di contrasti con il rettore, completa gli studi a Bonn, discutendo una tesi sul dialetto agrigentino nel 1891. Tornato a Roma, conosce Luigi Capuana e inizia la sua carriera letteraria, oltre a sposare Maria Antonietta Portulano nel 1893 e diventare insegnante di lettere nel 1897. I primi lavori includono poesie, romanzi come L’esclusa (1901) e Il turno (1902), e raccolte di novelle.
Un evento cruciale nella vita di Pirandello è la frana del 1903 che allaga la zolfara di famiglia, incidendo pesantemente sulle finanze e sulla psiche di Maria Antonietta, che non si riprenderà mai dallo shock. In questo periodo, Pirandello pubblica Il fu Mattia Pascal a puntate sulla «Nuova Antologia» nel 1904. Continua a scrivere novelle e romanzi, tra cui I vecchi e i giovani (1913), Suo marito (1910), e Si gira… (1915), poi rivisto come I Quaderni di Serafino Gubbio operatore nel 1925. Nel 1908, pubblica due saggi fondamentali, Arte e scienza e L’umorismo, che delineano la sua poetica.
Durante la Prima Guerra Mondiale, Pirandello inizia la sua grande carriera teatrale con opere come Lumìe di Sicilia (1910) e Pensaci, Giacomino! (1916). Successivamente, scrive testi in siciliano e in italiano, tra cui Liolà, Il berretto a sonagli, La giara, Così è (se vi pare) e Il piacere dell’onestà. Nel 1921, i Sei personaggi in cerca d’autore e Enrico IV consolidano la sua fama, introducendo la fase metateatrale della sua produzione. Altri lavori importanti includono L’uomo dal fiore in bocca, Ciascuno a suo modo e Uno, nessuno e centomila (1926).
Nel 1924, Pirandello aderisce al Partito Nazionale Fascista e fonda il Teatro d’Arte di Roma. Dal 1928, con La nuova colonia, entra nella fase dei “miti” del suo teatro, esplorando il fantastico in opere come Lazzaro e I giganti della montagna (incompiuto). Celebrato dalle istituzioni, entra nell’Accademia d’Italia nel 1929 e riceve il Nobel per la letteratura nel 1934. Tuttavia, gli ultimi anni vedono anche insuccessi e censura, come con Questa sera si recita a soggetto e La favola del figlio. Appassionatosi di cinema, collabora alla riduzione filmica di alcune opere prima di morire di polmonite il 10 dicembre 1936 a Roma.

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