Cultura

Quasimodo e l’Ermetismo

Quasimodo e l’Ermetismo

Il novecento si apre con nuovi “esperimenti letterari” lasciandosi dietro l’ottocento che aveva concluso la sua parabola. Difatti il naturalismo francese ed il verismo italiano avevano tentato di costruire criteri letterari oggettivi e teorizzato una scienza del racconto. Questa spinta propulsiva verso il “Vero” si esaurisce.
Il Novecento si caratterizza, invece, da una diversità di orientamenti e di gusti letterari che spesso vengono ricondotti dentro al cosiddetto gusto decadente. Il famoso critico letterario Pietro Citati ha giustamente detto che è difficile definire questo “gusto decadente” perché vi erano tante caratteristiche, eppure un elemento comune tra tutte le varie correnti di inizio novecento può essere definito dentro al bisogno di andare al di là del dato reale.
Il punto di partenza, dunque, è il crollo nei valori positivistici. Il bisogno di cercare nuove vie di fuga con conseguente fuga dal reale.
Gli esperimenti furono tanti e condussero a strade diversissime tra di loro. Gli esiti letterari più importanti li possiamo, comunque, ricondurre proprio all’ermetismo.

Col termine Ermetismo si indica un tipo di poetica che sorge intorno agli anni ’20 e si sviluppa negli anni compresi tra le due guerre mondiali. Fondatori della poesia ermetica sono considerati Giuseppe Ungaretti ed Eugenio Montale e la definizione fu coniata in senso dispregiativo dalla critica tradizionale che intendeva condannare l’oscurità e l’indecifrabilità della nuova poesia, ritenuta difficile in confronto alle chiare strutture della poesia classica.
Il nome deriva da Ermete o Mercurio, il dio delle scienze occulte, e fu adoperato in senso dispregiativo appunto da Francesco Flora nel suo saggio La poesia Ermetica.
Di tutte le poetiche sorte nell’ambito del decadentismo la poesia ermetica fa sua e sviluppa quella dei simbolisti francesi (Rimbaud, Mallarmé, Verlaine). Perciò è detta anche poesia neosimbolista. I poeti ermetici perseguono l’ideale della “poesia pura e libera”, cioè libera non solo dalle forme metriche e retoriche tradizionali, ma anche da ogni finalità pratica, didascalica e celebrativa.
Il tema centrale della poesia ermetica è il senso della solitudine disperata dell’uomo moderno che ha perduto fede negli antichi valori, nei miti della civiltà romantica e positivistica e non ha più certezze a cui ancorarsi saldamente. Egli vive in un mondo incomprensibile sconvolto dalle guerre e offeso dalle dittature, per tanto il poeta ha una visione della vita sfiduciata, priva di illusioni. Altri temi della nuova poesia che ci fanno accomunare gli ermetici a Pirandello e Svevo sono: l’incomunicabilità, l’alienazione (la coscienza di essere ridotto ad un ingranaggio nella moderna civiltà di massa), frustrazione (deriva dal contrasto fra realtà quotidiana che è sempre deludente e i nostri sogni).
I loro temi sono desolati e intimistici, i poeti ermetici rifiutano il linguaggio e le forme della poesia romantica e positivistica a scopo celebrativo, in quanto il poeta dell’800 aveva miti e certezze da porre e celebrare. Il nuovo poeta non ha più miti e certezze in cui credere, perciò va alla ricerca di parole essenziali, scabre e secche che meglio descrivano il loro stato d’animo; per poter far questo ricorrono all’analogia e alla sinestesia. L’analogia si può considerare una metafora in cui è stato soppresso il primo termine di paragone (es.: da “accarezzo i tuoi capelli neri come la notte” a “accarezzo la tua notte”). La sinestesia è l’accostamento di parole appartenenti a diverse aree sensitive (es.: “l’urlo nero”).

Biografia
Nato a Modica (Ragusa) nel 1901 e morto a Napoli nel 1968. Il padre era capostazione delle ferrovie; visse pure a Messina dove vide la tragedia del terremoto che rimase sempre anche nella sua poesia. Dopo essere stato tra i più grandi ermetici (è sua la lirica che apparve come simbolo dell’ermetismo per la brevità ed essenzialità delle sue espressioni: – Ognuno sta solo nel cuore della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito sera -, in cui con un linguaggio povero, scarno, esprime la crisi e la solitudine dell’uomo). Ritroviamo nelle sue poesie un profondo senso di impegno sociale ed etico e infatti attraverso la “lirica” cerca una maggiore partecipazione attiva alla vita sociale. Insomma, la sua novità sta nell’avere trasformato la lirica pura in lirica sociale e più responsabile; questa nuova poetica gli ha fatto assegnare il premio Nobel per la letteratura. Dobbiamo pure ricordarlo perché tradusse molti poeti greci e latini, anzi molti critici lo considerano più grande per queste traduzioni che dimostrano il suo grande amore per la poesia e per lo stile. Nelle sue poesie è sempre presente il ricordo dell’infanzia e della sulla isola (Sicilia) con tutti i ricordi familiari.

Quasimodo ottenne il premio Nobel nel 1959 per la poesia diventando così un esponente letterario di primo piano. Egli non ebbe come maestri i pittori francesi (Mallarmè) così come, invece, era stato per Ungaretti e Montale, ma dall’inizio si forma su Pascoli e D’Annunzio ed anche sul verismo del Verga. Ma poi Quasimodo uscendo dalla sua Sicilia e venendo a contatto con Vittorini e Montale, conobbe l’ambiente poetico di questi nuovi poeti e accettò la loro tecnica ermetica, anche se era in contrasto con la sua più vera natura realista e classica che si vede bene nella raccolta di poesie “Acque e Terre” in cui si coglie non solo l’aspetto esteriore ermetico, vi è nel contempo anche un equilibrio ed una armonia classica che rimandano alla sua prima formazione.
Basta poi pensare alle sue traduzioni greche, per capire il suo naturale amore verso un mondo classico, sereno. Infatti, nella sua opera, anche se vi è sempre rassegnata malinconia, si coglie nel contempo una serena compostezza e non troviamo quell’angoscia che spesso si è vista nei poeti veramente ermetici. Quasimodo, infatti, è, per natura, portato non verso la confusione dell’anima, ma cerca sempre di unire e di superare in una serena armonia le sofferenze dell’uomo. Per cui si può chiamare poeta dell’equilibrio perfetto (differenza dal simbolismo francese) ed anche del suo paradiso perduto dell’infanzia siciliana.

Dopo la seconda guerra mondiale scrive le raccolte – Giorno dopo giorno, La vita non è un sogno – in cui sembra allontanarsi dallo stile ermetico e diventare poeta impegnato con la resistenza e con i problemi del tempo. Non bisogna pensare che c’è una divisione fra il Quasimodo di prima e questo del dopoguerra, perché la tragedia della seconda guerra mondiale fece approfondire di più le idee sul dolore umano che già prima c’erano in lui. Quindi dopo l’ultima guerra, Quasimodo ha sofferto una grave crisi morale che gli ha fatto maggiormente vedere il senso della catastrofe. In un primo momento per questa sua visione lo potremmo paragonare a Montale, ma a differenza di questi in Quasimodo c’è una coraggiosa rassegnazione al destino che ci circonda (ci ricorda molto il titanismo di Leopardi) e questa rassegnazione in Quasimodo si ha perché lui vede che tutti gli uomini hanno lo stesso destino di morte inevitabile e questo pensiero diventa, in lui, più triste quando pensa alla sua amata isola come un paradiso perduto.

Infatti in Quasimodo si hanno sempre due aspetti vissuti in una mediazione lirica straordinaria: da un lato la vita reale, fredda e triste; dall’altro il bisogno di fuga attraverso l’immaginaria ricostruzione dell’infanzia siciliana.
Da questo possiamo vedere che l’aspetto principale della sua poesia è una grande tristezza che trova consolazione nella memoria dell’isola, nel paesaggio che gli ricorda sempre qualcosa e in questo paesaggio vediamo sempre la luna, i colli, le fanciulle ed i colori.
Quindi la raccolta di poesie Giorno dopo giorno, ci fa vedere un Quasimodo più maturo che parla della crudeltà umana e, dunque, Quasimodo rimane sempre poeta del dolore umano e della solitudine dell’uomo.

Dopo il fascismo, questo tipo di poesia, sembrò un tipo di denuncia e di accusa e Quasimodo, in questa accusa, mise tutta la sua forza morale. Così il suo stile ermetico di prima diventa più reale, più vicino alla narrazione e questa nuova poesia, nata fra i dolori della guerra, cerca di spingere alla vita, alla lotta per portare fra gli uomini un messaggio di speranza (Ungaretti). Nell’ultimo periodo, Quasimodo, sviluppa in modo esagerato questa sua poesia impegnata, cercando di combattere l’ermetismo, per cui spesso risulta retorico. Ma anche se le sue migliori qualità poetiche le abbiamo viste in precedenza, le sue ultime opere servono a capire meglio la sua moralità e il suo impegno di poeta del nostro tempo, perché Quasimodo parla delle ingiustizie umane e del mondo degli uomini così privo di bontà e umanità. Appunto, nell’ultimo periodo, l’aspetto principale della sua poesia è il pensiero della morte, non solo della sua morte ma della miseria, che è come la morte, in cui vivono molti uomini del mondo. Quasimodo si può considerare un poeta sincero e aperto, anche come poeta sociale ed impegnato, perché ha cercato sempre di portare la sua onestà e sincerità morale quando ha parlato del nostro periodo e dell’infelicità della vita.
Alle fronde dei salici
[da Giorno dopo giorno (1947)]
Nel settembre 1943 l’Italia risultava divisa in due parti. Nella parte meridionale, controllata dagli Alleati, era stata restaurata la monarchia, sotto il re Vittorio Emanuele III. Nella parte centro-settentrionale, occupata dai tedeschi, Mussolini aveva creato la Repubblica sociale italiana.
Dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 l’esercito di liberazione condusse una lotta senza esclusione di colpi contro i tedeschi e i fascisti, che rispondevano con rastrellamenti, deportazioni e veri e propri massacri. Particolarmente feroci furono quelli di Boves, in Piemonte, di Marzabotto, in Emilia, dove le SS sterminarono centinaia di civili, e di Roma, dove i nazisti come rappresaglia a un attentato partigiano, che era costato la vita a 32 soldati tedeschi, uccisero 335 prigionieri italiani.
Di fronte agli orrori, ai mali della guerra, i poeti non potevano cantare, scrivere versi, ma solo agire come gli antichi ebrei schiavi a Babilonia, che appesero le loro cetre ai rami dei salici.

IL MESSAGGIO
La poesia come impegno civile, per “rifare” l’uomo, abbrutito dagli orrori della guerra e reso incapace di parola e di poesia.

10 E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
2 – con il piede…: è una metafora: con l’esercito tedesco che aveva occupato l’Italia.
4 – sull’erba dura…: con i morti abbandonati sull’erba, resa dura dal ghiaccio.
4-5 – al lamento d’agnello…: alle innocenti voci di lamento dei bambini: nei riti di purificazione dei popoli antichi l’agnello era la vittima innocente.
5-7 – urlo nero… telegrafo: disperato, di morte; l’urlo disperato della madre che, impazzita, corre verso il figlio crocifisso su un palo di telegrafo.
8-10 – Alle fronde… vento: anche le cetre dei nostri poeti, simbolo della poesia, erano appese, impotenti, smarrite, ai rami dei salici, per una promessa di silenzio. C’è un riferimento storico: il Salmo CXXXVI della Bibbia rievoca la deportazione degli ebrei a Babilonia: “Abbiamo appeso ai salici le nostre cetre… Come potremmo cantare in terra straniera?”.

INTERPRETAZIONE
Il testo è breve, costituito da una sola strofe, i versi sono sciolti e della stessa misura: hanno tutti undici sillabe (endecasillabi).
I periodi, che rispettano le regole della sintassi, sono due:
• il primo è una lunga interrogazione;
• il secondo è una rapida dichiarazione.

L’uso della punteggiatura è regolare. Il registro lessicale è alto, letterario, solo poche parole sono di uso comune, vicine al parlato.
Il testo è ricco di figure retoriche:
• cantare: uso figurato del predicato;
• con il piede straniero: metafora;
• sopra il cuore: metafora;
• erba dura: analogia;
• lamento d’agnello: analogia;
• urlo nero: sinestesia;
• nostre cetre: metafora;
• triste vento: metafora.

Le immagini sono potenti, dure, crude; i temi principali sono:
• i mali della guerra: l’occupazione di una terra non propria, gli omicidi, le deportazioni, i genocidi, la distruzione di cose;
• la poesia come impegno civile, per “rifare l’uomo”, stimolando in lui l’esercizio della ragione e l’amore.
L’interpretazione della realtà ermetica avviene in presa diretta, senza orpelli e filtri in una visione della percezione della realtà attraverso un linguaggio così scarno ed essenziale che non poteva fare a meno dei simboli per meglio esplicitare la “verità poetica”.
Anche il Surrealismo pittorico usa moltissimo i simboli come ponti di comunicazione tra la realtà soggettiva dei pittori e quella oggettiva del mondo rappresentato.

STORIA DELL’ARTE

Il surrealismo è un movimento artistico-letterario nato ufficialmente in Francia nel 1924 ad opera di André Breton con la pubblicazione del “Manifeste surréaliste”.
Vero e proprio movimento d’avanguardia che ebbe la sua massima espansione nel periodo fra le due guerre. Nel suo manifesto, Breton, definisce il Surrealismo come un “automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente che in ogni altro modo, il funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”.
È una evoluzione del dadaismo, ma al contrario del dadaismo, che ha l’obiettivo di abbattere tutte le “restrizioni” artistiche radicate da secoli, il surrealismo rovescia l’idea distruttiva dadaista attribuendo all’arte un ruolo edificante suggerito dall’interiorità dell’uomo. Elementi sostanziali del pensiero surrealista sono la riconsiderazione della componente irrazionale della creatività umana e la volontà di esprimere, attraverso l’arte, le manifestazioni del subconscio: un rifiuto della logica umana e delle restrizioni della civiltà a favore di una totale libertà di espressione che trova riferimento teorico nelle innovative ricerche psicanalitiche di Freud.
Estrema conseguenza del decadentismo, il Surrealismo rivaluta il sogno, l’irrazionalità, la follia, gli stati di allucinazione, cogliendo l’essenza intima della realtà, oltre la realtà stessa per “succhiare” il midollo della vita con la sconvolgente sensibilità dal pensiero decadente di Baudelaire.
I più grandi successi del surrealismo si sono avuti nelle arti figurative, dove la fusione tra realtà e sogno si esplica nel libero accostamento di materiali diversi, che riproducono contenuti onirici e visioni inconsce. Fra i pittori che aderirono al movimento ricordiamo, Miró, Ernst, De Chirico, Magritte, Dalí, e altri ancora.

Salvador Dalí (1904-1989) nacque a Figueras, in Catalogna, nel 1904. A Madrid frequentò l’Accademia di Belle Arti ma nel 1926 ne fu espulso per indegnità. L’anno successivo si recò a Parigi dove venne a contatto con il vivace ambiente intellettuale della capitale francese. Qui conobbe Pablo Picasso, Juan Mirò, André Breton e il poeta Paul Eluard. È il momento di maggior vitalità del movimento surrealista e Dalí ne venne immediatamente coinvolto. Egli infatti vide nelle teorie del movimento la possibilità di far emergere la sua dirompente immaginazione. Rotti i freni inibitori della coscienza razionale, la sua arte portava in superficie tutte le pulsioni e i desideri inconsci, dando loro l’immagine di allucinazioni iperrealistiche. In Dalí non esiste limite o senso della misura, così che la sua sfrenata fantasia, unita ad un virtuosismo tecnico notevole, ne fecero il più intenso ed eccessivo dei surrealisti al punto che nel 1934 fu espulso dal gruppo dallo stesso Breton. Ciò tuttavia non scalfì minimamente la produzione artistica di Dalí, il quale, dopo essersi professato essere lui l’unico vero artista surrealista esistente, intensificò notevolmente l’universo delle sue forme “surreali”.
Il Surrealismo per Dalí era l’occasione per far emergere il suo inconscio, secondo quel principio dell’automatismo psichico teorizzato da Breton. E a questo automatismo psichico Dalí diede anche un nome preciso: metodo paranoico-critico.
La paranoia, secondo la descrizione che ne dà l’artista stesso, è: «una malattia mentale cronica, la cui sintomatologia più caratteristica consiste nelle delusioni sistematiche, con o senza allucinazioni dei sensi. Le delusioni possono prendere la forma di mania di persecuzione o di grandezza o di ambizione».
Dunque le immagini che l’artista cerca di fissare sulla tela nascono dal torbido agitarsi del suo inconscio (la paranoia) e riescono a prendere forma solo grazie alla razionalizzazione del delirio (momento critico).
Da questo suo metodo nacquero immagini di straordinaria fantasia, tese a stupire e meravigliare grazie alla grande artificiosità della loro concezione e realizzazione. La tecnica di Dalí si rifà esplicitamente alla pittura del Rinascimento italiano, ma da esso prende solo il nitore del disegno e dei cromatismi, non la misura e l’equilibrio formale. Nei suoi quadri prevalgono effetti illusionistici e complessità di meccanismi che rimandano inevitabilmente alla magniloquenza ed esuberanza del barocco iberico.
Nel 1929 Dalì dipinse il suo primo quadro surrealista: «Il gioco lugubre». In esso appare in primo piano una figura maschile di spalle con mutande sporche di escrementi. Questo particolare suscitò notevole sconcerto tra gli altri surrealisti decretando già le prime distanze tra Dalí e il gruppo di Breton. In questa fase della sua pittura Dalí fa largo ricorso agli spazi prospettici molto dilatati in cui inserisce una notevole quantità di elementi (uomini, animali, oggetti) secondo procedimenti combinatori irrazionali. In queste figure, e nei loro rapporti, la deformazione si inserisce come ulteriore elemento di sconcerto.
Allo stesso 1929 risale il suo legame con Gala Deluvina Diakonoff, moglie del poeta Paul Eluard. Ella fu prima amante e poi moglie di Dalí, divenendo la sua musa ispiratrice. Appare in numerosissimi quadri, per lo più nuda e sensuale, rappresentando nel mondo figurativo di Dalí uno degli ingredienti più certi del suo inconscio: la libido.
In seguito la sua pittura tende a trovare una sinteticità più netta, in cui la concentrazione su pochi elementi permette al quadro di esprimere contenuti più chiari ed univoci. È il caso di un quadro come «La persistenza della memoria» dove Dalì crea una delle sue immagini più celebri: quella degli orologi deformi.
Al metodo paranoico-critico si collegano una serie di immagini di virtuosistico effetto. Si tratta di immagini doppie, dove la combinazione delle figure fa apparire più cose simultaneamente. Scrisse Dalí: «Attraverso un processo nettamente paranoico è possibile ottenere un’immagine doppia, rappresentazione di un oggetto che, senza la minima modificazione figurativa o anatomica, sia al tempo stesso la rappresentazione di un oggetto assolutamente diverso». In questo gruppo di opere rientrano alcuni dei quadri più famosi di Dalí, quali «Figure paranoiche», «Cigni che riflettono elefanti», «Apparizione di un volto e di una fruttiera sulla spiaggia», «L’enigma senza fine».
Dalí si è spento a Figueras il 23 gennaio 1989. Diede un contributo formidabile a tutta la pittura contemporanea e la sua arte si diffuse in tutto il mondo, merito anche dei suoi innumerevoli viaggio, ultimo dei quali negli Stati Uniti d’America del 1939.

GEOGRAFIA
Gli Stati Uniti d’America (nome ufficiale United States of America) sono una repubblica federale dell’America settentrionale, costituita da quarantotto stati confinanti e da due stati geograficamente non contigui: l’Alaska e le isole Hawaii.
Essi confinano a nord con il Canada, a sud con il Messico, a est e a ovest sono bagnati rispettivamente dall’Oceano Atlantico e dall’Oceano Pacifico. Le acque territoriali dell’Alaska confinano con la Russia (Stretto di Bering).
La capitale degli Stati Uniti è Washington, DC (District of Columbia), che conta oltre 572.000 abitanti e fa parte di una grande area metropolitana. Vi si trova la Casa Bianca, residenza ufficiale e principale ufficio del presidente degli. La sua struttura è costituita da un palazzo bianco di stile vittoriano situato nella Pennsylvania Avenue.
Le principali città degli Stati Uniti sono:Washington DC (Capitale), New York, Los Angeles, Chicago, Houston, San Francisco, Philadelphia, Atlanta, Dallas, Boston, Miami, Detroit.
Molte altre città svolgono importanti funzioni regionali, spesso con precise specializzazioni dal punto di vista economico. Gli Stati Uniti contano ben venticinque città popolate da oltre 2 milioni di abitanti e una trentina con più di un milione.
La popolazione degli Stati Uniti è il risultato di un processo immigratorio imponente, il più grandioso della storia dell’uomo, avvenuto nel giro di un paio di secoli.
Oggi la popolazione, etnicamente composita come in nessun altro paese al mondo, ma dominata culturalmente dall’elemento anglosassone, è di 293.027.570 abitanti (2004).
La popolazione degli Stati Uniti ha una composizione etnica estremamente diversificata, costituita da afroamericani, persone di origine ispanica e altre di discendenza germanica, altri hanno origini irlandesi o inglesi. Cospicuo è anche il numero degli abitanti di origine italiana e slava. La maggioranza bianca, durante gli anni Settanta-Novanta, si è ridotta percentualmente sia per l’immigrazione proveniente dall’Asia, dall’America latina e da altre aree, sia per i tassi di crescita più elevati fra la popolazione di colore.
La moneta americana è il dollaro, diviso in cents, il cui principale istituto di emissione è il Federal Reserve System, a cui fanno capo tutte le banche nazionali degli Stati Uniti.
La lingua ufficiale degli Stati Uniti è l’inglese, parlato dalla grande maggioranza della popolazione. Tuttavia, quasi 32 milioni di residenti parlano in famiglia una lingua diversa: alcuni utilizzano lo spagnolo, mentre altre lingue diffuse sono il francese, il tedesco, il portoghese e quelle parlate dai nativi americani.
In ordine alla religione, dalla colonizzazione fino al XIX secolo in ogni stato si assistette al fiorire di innumerevoli congregazioni e correnti religiose, tutte di ispirazione cristiana. Dopo l’adozione della Costituzione del 1788 si vennero allentando i legami tra i singoli stati e le loro particolari chiese. Durante la prima metà del XIX secolo la popolazione statunitense era in grande parte di religione protestante, mentre i cattolici e gli ebrei costituivano esigue minoranze. Il numero dei cattolici crebbe significativamente a partire dal 1820 con l’arrivo di molti immigrati dall’Irlanda
La religione non cristiana numericamente più rilevante è quella ebraica (2%), seguita da quelle musulmana (1,9%), buddhista e induista.
Il territorio degli Stati Uniti, geologicamente parlando, prevede partendo da est, le pianure costiere atlantiche che si estendono fino al versante sud del paese in corrispondenza del golfo del Messico; il sistema dei Monti Appalchi, le Pianure Centrali, la cordigliera delle Montagne Rocciose con i connessi altopiani e le catene costiere prospicienti l’Oceano Pacifico.
Il sistema degli Appalachi, che si estende per circa 2500 chilometri interessando anche il Canada, è segnato dal fiume Hudson, a nord del quale si ergono i Monti della Nuova Inghilterra, mentre nella parte meridionale spicca la catena degli Allegheny.
La grande fascia territoriale che si frappone tra gli Appalachi e le Montagne Rocciose, attraversata dal corso del fiume Mississippi e dal suo affluente Missouri, prende il nome di Pianure Centrali.
Le Pianure Centrali comprendono tre zone fondamentali, a nord il Bassopiano Centrale esteso intorno alla zona dei Grandi Laghi delimitato ad est dagli Appalachi, ad ovest la Valle del Missouri, mentre il rimanente territorio è occupato dalla gigantesca pianura alluvionale del Mississippi, che inizia dal punto in cui il fiume Ohio confluisce nel Mississippi e termina nelle pianure costiere del golfo del Messico.
Le Montagne Rocciose, formate da una serie di catene d’origine vulcanica, offrono nel Parco Nazionale di Yellowstone uno spettacolo vulcanico particolare, rappresentato dai geysers, e culminano nei 4399 metri del monte Elbert in Colorado. L’ultimo grande elemento strutturale del territorio statunitense è rappresentato dalle catene occidentali, che si estendono dall’Alaska, dove troviamo il monte McKinley altro 6194 metri, fino alle coste della California, e alla depressione della Valle della Morte.
Il territorio degli Stati Uniti è diviso in diversi sistemi idrografici. Anzitutto la sezione orientale del paese riversa le sue acque nell’oceano Atlantico attraverso la serie di fiumi che scendono dagli Appalachi, quali l’Hudson e il Delaware, che hanno una portata considerevole, dovuta alle frequenti precipitazioni; essi, grazie a ciò, costituiscono importanti vie di comunicazione utilizzate in prevalenza per il trasporto delle merci.
Tutta la grande regione interna convoglia le sue acque nel golfo del Messico, in massima parte attraverso il Mississippi. Dalla sinistra esso riceve affluenti importanti come l’Ohio, il Tennessee e l’Illinois, soggetti a piene frequenti nella stagione primaverile.
Lo scioglimento delle nevi alimenta gli affluenti che scorrono da ovest, tra cui il Missouri, il Platte e l’Arkansas. Nel golfo del Messico affluiscono altri fiumi, come il Rio Grande. Al Pacifico sono diretti i corsi d’acqua, come il Colorado e il Sacramento, che scorrono verso ovest. Questi fiumi sono regolati da dighe e deviati per un utilizzo urbano e agricolo così massiccio che non portano più acqua al mare. In Alaska tutta la rete idrografica è legata allo Yukon.
Dei numerosi laghi presenti sul territorio statunitense i principali sono i Grandi Laghi (Superiore, Michigan, Huron, Erie e Ontario), collegati tra loro da una serie di canali e corsi d’acqua; essi rappresentano il bacino lacustre più esteso del mondo, collegato a sua volta, attraverso il San Lorenzo, all’oceano Atlantico. Innumerevoli laghi minori sono disseminati nella zona nordorientale degli Stati Uniti, nel Midwest settentrionale e in gran parte dell’Alaska. Fra i principali vi sono il Champlain, il Winnebago e il Red. Il Grande Lago Salato dello Utah e molti altri bacini di estensione minore situati nello stato del Montana costituiscono i resti di laghi molto più estesi formatisi in epoca glaciale.
Per quando riguarda la flora, diciamo che in passato circa metà del territorio statunitense era ricoperto da foreste, l’estensione delle quali è stata negli anni notevolmente ridotta per lasciare il posto a coltivazioni e insediamenti abitati. Gli Stati Uniti conservano tuttavia una vegetazione molto ricca che varia in corrispondenza delle diverse fasce climatiche del paese.
Ad esempio, ad ovest degli Appalachi esistono fitte foreste di latifoglie, che si estendono sino alla valle del Mississippi, ma, procedendo verso il centro delle Grandi Pianure, diventano sempre più rade, per lasciare il posto a gruppi isolati di querce e praterie. Più a ovest, in corrispondenza di climi più aridi, la vegetazione delle praterie è dominata a nord da specie arbustive quali l’artemisia, e a sud dal ginepro.
In tutti gli stati del affacciati sul Pacifico le zone aride, caratterizzate da una povera vegetazione arbustiva, si alternano a quelle montuose, ricche di foreste. Nelle aree desertiche crescono l’artemisia e il ginepro; le “foreste” di cactus si trovano sui versanti dei rilievi nel deserto del Mojave e nel deserto di Sonora.
Nell’Oregon occidentale e nello stato di Washington cresce una ricca foresta, alimentata dalle abbondanti precipitazioni, che ospita innumerevoli specie di abeti, cedri e pini, che costituiscono un’importante risorsa forestale.
Con riferimento alla fauna, nelle zone artiche e nella tundra montana vivono la marmotta, lo scoiattolo e, occasionalmente, l’orso. Numerosi grandi mammiferi, tra i quali il tricheco e la foca, trovano un habitat ideale nelle regioni costiere dell’Alaska. Lungo la costa del golfo del Messico vivono volatili quali il pellicano, il fenicottero e il martin pescatore, mentre le acque delle paludi costiere e della Florida sono abitate dall’alligatore.
In Alaska vive inoltre l’orso bruno “kodiak”, il più grande carnivoro del Nord America. Le zone desertiche dell’Ovest sono abitate da pochi animali di piccola taglia e, in alcuni casi, da serpenti velenosi; il ratto canguro, la lucertola e i rapaci sono animali tipici di queste inospitali regioni. La fauna delle Hawaii comprende molte specie autoctone, ma fra queste molte sono quasi estinte a causa delle modificazioni indotte nell’habitat naturale dall’uomo. L’unico mammifero indigeno presente nelle Hawaii è il pipistrello.
Per quel concerne l’economia, gli Stati Uniti sono la prima potenza industriale a livello mondiale dall’inizio del XX secolo.
Fino alla seconda metà dell’Ottocento l’economia del paese poggiava tradizionalmente sull’agricoltura; dopo la guerra di secessione, che vide lo scontro fra gli stati industriali del Nord e quelli agricoli del Sud, furono compiuti importanti progressi nella produzione di beni industriali di base; in seguito, con la prima guerra mondiale, i manufatti iniziarono a dominare le esportazioni più delle materie prime. Con lo sviluppo dell’industria, l’agricoltura divenne più meccanizzata ed efficiente, utilizzando sempre minor forza lavoro.
Alla fine degli anni Novanta gli Stati Uniti erano la prima nazione al mondo per la produzione economica.
Benché il settore agricolo contribuisca poco allo sviluppo del paese, gli Stati Uniti sono ancora oggi il paese leader nel mondo in molti settori della produzione agricola. Oltre a soddisfare il fabbisogno alimentare interno, i prodotti agricoli rappresentano una voce importantissima nel mercato delle esportazioni.
Le colture praticate sono varie, fra cui ricordiamo quelle del grano, del mais, del tabacco, del cotone. Le maggiori produzioni sono quelle di cereali (mais, frumento, avena e orzo), foraggio, patate e barbabietola da zucchero. Per più di un secolo e mezzo la coltivazione del cotone è stata alla base dell’economia degli stati del Sud, soprattutto nelle regioni a est del Mississippi. Il tabacco è prodotto soprattutto in North Carolina e nel Kentucky. Altri prodotti di rilievo sono arachidi (Georgia) e pomodori (Florida), oltre a pesche, mele (Washington), arance, uva (California), ananas (Hawaii).
Una voce di grande rilievo nell’economia del paese è inoltre rappresentata dall’allevamento, che alimenta una fiorente industria lattiero-casearia, soprattutto nella zona dei Grandi Laghi.
Altra risorsa riguarda la pesca, che colloca gli Stati Uniti al sesto posto nella classifica mondiale dopo la Russia, la Cina, il Giappone, il Perù e il Cile. L’Alaska è il primo stato sia per quantità sia per valore del pescato: fra le specie più redditizie vi sono il salmone e l’halibut.
Gli Stati Uniti sono, inoltre, una fra le prime nazioni al mondo per il valore della produzione annua di minerali, concentrata principalmente in Texas, Louisiana, Alaska, Oklahoma e California. I
principali prodotti minerari sono i combustibili, come il petrolio, il gas naturale e il carbone. Il Texas, l’Alaska e la Louisiana, i tre principali stati produttori di petrolio, forniscono annualmente circa i due terzi del grezzo nazionale.
Negli Stati Uniti si estraggono inoltre diversi minerali (metallici e non metallici), tra cui rame e oro.
Gli Stati Uniti sono leader mondiali per il valore della loro produzione industriale. Il cuore della produzione industriale statunitense è rappresentato dal Nord-Est e, in particolare, dagli stati di New York, Ohio, Illinois, Michigan e Pennsylvania.
Le principali categorie di manufatti industriali, in base al loro valore commerciale, sono rappresentate da prodotti chimici, mezzi di trasporto, prodotti dell’industria alimentare, macchinari e attrezzature elettroniche.
Altri principali settori industriali degli Stati Uniti sono quello tessile, dell’abbigliamento, degli strumenti di precisione, del legname, dei mobili, degli oggetti in cuoio e del tabacco.
Se appare un altro continente, un mondo lontano non possiamo però nascondere che la Storia Moderna è stata lungamente influenzata da questa grande nazione che per tanti aspetti è stata una “nazione gemella” dell’Europa continentale e mediterranea. Infatti ogni evento storico ha avuto ripercussioni in quel Paese che non è stato mai indifferente alle “nostre” vicende storiche.
Infatti durante la II guerra mondiale l’intervento degli Usa fu risolutore.

II GUERRA MONDIALE
In Europa nel 1939 si era andato definendo sempre più il disegno imperialistico tedesco, volto a espandere il territorio abitato dai tedeschi. Dopo aver annesso l’Austria, conquistato la Boemia, sottomesso la Slovacchia, nel settembre 1939 Hitler invase la Polonia, avendo prima firmato un’alleanza militare con l’Unione Sovietica DI Stalin.
Di fronte a questo ulteriore grave atto, le potenze occidentali, Francia e Gran Bretagna, dichiararono guerra alla Germania, ma non riuscirono ad impedire la conquista, da parte dei tedeschi, della Polonia, della Germania e della Norvegia.
Nella primavera del 1940, Hitler volse l’esercito tedesco contro la Francia, che in poche settimane venne spazzato via. Il 10 giugno 1940, quando ormai la Francia era allo stremo, l’Italia fascista di Mussolini dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna. Conquistata la Francia la Germania cercò, inutilmente, di invadere la Gran Bretagna, mentre in Africa l’Italia perdeva la colonia etiopica a vantaggio degli inglesi. Nell’ottobre del 1940 l’Italia intraprese la conquista della Grecia, partendo dalla colonia albanese, ma, di fronte ai disastri militari italiani, dovette intervenire la Wermacht tedesca, che, in pochi giorni, conquistò la Jugoslavia e invase la Grecia.
Nel giugno del 1941 la Germania iniziò l’invasione dell’Unione Sovietica, sostenuta anche in quest’opera dall’esercito italiano. Le armate nazi-fasciste giunsero fino a Mosca, Leningrado e Stalingrado, ma nel febbraio 1943 subirono una pesante sconfitta che le costrinse a ritirarsi disordinatamente verso ovest. In Oriente, frattanto, il Giappone nel dicembre 1941 aveva aggredito gli statunitensi, provocandone l’intervento in guerra.
Nel settembre 1943 l’Italia, dopo aver perso anche la colonia libica, venne occupata per la parte meridionale dagli alleati anglo-americani.Così il 25 luglio di quell’anno il re fece arrestare Mussolini, nominando Badoglio capo del governo e il fascismo venne dichiarato decaduto. Lo stesso governo Badoglio l’8 settembre 1943 firmò l’armistizio con gli alleati e subito dopo fuggì, assieme alla corte, a Brindisi nel territorio controllato dagli americani, mentre l’esercito tedesco invadeva l’Italia del centro-nord.
Iniziò così la guerra di Resistenza in Italia, che vide contrapporsi le truppe irregolari partigiane ai soldati tedeschi occupanti e al risorto esercito fascista della Repubblica Sociale Italiana di Mussolini.
Frattanto l’Armata Rossa sovietica avanzava da est e gli alleati erano sbarcati in Normandia.
Nel maggio 1945 ebbe termine la guerra in Europa con la conquista dell’intera Germania da parte degli eserciti alleati. Il Giappone continuò la guerra ancora fino ad agosto, quando le due bombe atomiche americane su Hiroshima e Nagasaki posero fine al conflitto mondiale.

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