Recensione del Libro di Daniela Niglio “E io tifo Nigeria”
Raramente un libro mi ha commosso cosi profondamente. E’ un piccolo libro scritto con dolcezza, con frizzante gioiosità, un libro che passa con leggerezza attraverso una sindrome che a volte spaventa e lascia costernati. Mai una disabilità è stata trattata in modo cosi spontaneo, senza la pesantezza dell’angoscia, della paura che spesso e in modo comprensibile, caratterizza chi vive una situazione cosi tosta. Eppure la capacità della Niglio è quella di far vedere come la sindrome di down, pur se rappresenti un fardello pesante, possa essere vissuta non come una tragedia, ma come un dono.
Veronica è il suo piccolo angelo, una ragazzina che compensa delle mancanze con dei doni incredibili di empatia, di comunicabilità e di schiettezza che affascinano e fanno pensare. In questo romanzo che è più di un romanzo ma una parte incredibile di vita quotidiana, tutto risulta magico e fatato; il mondo attraverso gli occhi di Veronica è un posto senza dicotomie, senza limiti mentali, pieno di possibilità, dove la mente può spaziare può costruire e rendere reale ogni fantasia.
E’ un mondo che di utopico non ha nulla, poiché esiste attraverso la quotidianità straordinaria della protagonista. E’ un mondo che di utopico non ha nulla, poiché è creato e reso reale dalla quotidianità della ragazzina, reso tangibile dai suoi atteggiamenti, da quella parole senza filtri, dotate di un’armonia tipica di chi va oltre gli schemi delle convenzioni sociali, dei tabù, dei limiti autoimposti, per paura di svelarsi. Perché non si può, non è pudico, non è educato, non si fa… Del resto la nostra Veronica è l’emblema stesso di come tali tabù siano solo una fittizia costruzione umana per meglio interpretare e ridurle a categorie le molteplicità del reale, che noi ingabbiamo in concetti e stereotipi, troppo intimoriti dalla vastità di una vita che è fluida e che ci sfugge, si trasforma e cambia. La vita è creata proprio dalla somma delle diversità biologiche, non a caso si parla di biodiversità necessarie. E come la natura si nutre dell’altro da se, cosi la vita umana nasce e cresce e forma i suoi processi mentali e fisici dalle differenze. Ecco che è vero che la piccola protagonista può aiutarci a rapportarci in modo più realistico con l’ambiente, con la società, che senza l’alterità si stagna, si affloscia su se stessa, marcendo e portando con se un intero patrimonio mitico e etnologico.
Veronica è l’inno di come invece, la diversità non sia ostacolo allo svolgimento di una sana vita societaria ma ne sia la linfa vitale. Avere sempre le stesse prospettive, tornare sempre agli stessi assunti mentali contribuisce a imputridire le acqua della nostra esistenza come persone e come organismo politico (intendo qua politico nella sua accezione più ampia che coinvolge tutti gli aspetti di una collettività civile). La diversità, il rapporto con l’altro serve a stabilire chi siamo, dove andiamo e cosa vogliamo diventare. Attraverso l’incontro noi ci arricchiamo, mentre grazie ai muri le nazioni, i popoli rischiano di estinguersi, come una fiamma che per noia o per terrore non viene alimentata come si deve. Un organismo vivente, come quello di una nazione, o di un popolo si nutre di creatività, di fantasia di differenze.
Le differenze sono alla base di ogni sistema vivente, secondo Gregory Bateson, la mente opera attraverso differenze. Per definire il concetto di differenza stessa Bateson ricorre alla dicotomia mappa territorio; in cui la mente è la mappa e la realtà è il territorio da esplorare. La differenza è ciò che viene trasferito dal territorio alla mappa e tra il numero elevato di differenze esistenti nel reale, la mente ne considera soltanto una piccola parte che codifica facendola diventare informazione, che diventa idea e poi comunicazione.
Se è vero che la differenza è alla base dei processi mentali e dunque della realtà che ci circonda, del sistema vivente, significa che la nostra paura verso la stessa si traduce in paura della vita stessa. Una paura che la favolosa Niglio non avverte, perché educata proprio dalla figlia a considerare la diversità in modo più ampio come un aumento di conoscenza. Perché Veronica conosce oltre i sensi che noi usiamo, veronica conosce con il cuore, con altre zone della mente a noi sconosciute e aliene.
Allora mi domando cosa vede oltre quando si incanta e se poi è davvero irreale quel suo amico immaginario con cui parla ogni tanto e che guarda caso indovina cose di me e della mia famiglia
Veronica interpreta un territorio più ampio di quello che, ingabbiati nei nostri schemi, riportiamo noi nella nostra mappa concettuale. Ci sono zone non controllate, zone disdegnate perché erroneamente ritenute pericolose, zone in cui c’è un enorme off limits come se questo limite proteggesse ciò che noi siamo, che conosciamo e che possiamo sopportare di sapere.
Su una cosa avevano ragione. Non erano attrezzati cioè non conoscevano la diversità. Non conoscevano Veronica e l’avevano giudicata in maniera sbagliata.
La bellezza di queste paginette, oltre che alla straordinarietà di una madre che accantona il suo ruolo da referente per diventare anche allievo, è nella capacità di scardinare schemi e pregiudizi. E’ nella capacità di dire una semplice frase: e io invece tifo Nigeria.
Ecco queste tre parola colpiscono, fanno riflettere, contagiano con la loro spontaneità e la loro ribellione. Veronica ci porta per mano attraverso concetti che non sono nostri ma percepiti parte di noi, concetti su cui siamo stati istruiti e ingabbiati per proteggere la nostra società e che invece, paradossalmente l’hanno resa decadente e stantia. Perché in fondo non tifare Nigeria? Perché ogni tanto non passeggiare al di la del territorio delle nostre incrollabili e soffocanti certezze?
“infatti…chi ha detto che solo perché siamo italiani dobbiamo tifare Italia?
Se davvero avete il coraggio, se davvero avete la forza morale di farlo…fatevi prendere per mano dalla stupenda Veronica e dalla sua coraggiosa mamma e fatevi trasportare in un mondo di incontaminata bellezza…laggiù dove in fondo anche gli angeli esitano…ma dove si trova davvero lo scheletro di ogni verità, restituita pura e pulsante a tutti noi.
Grazie Veronica di cuore, grazie per questo stupendo viaggio.
Veronica è libera. Veronica non ha preconcetti. Lei tifa chi vuole e quando vuole. Viva la libertà
Semplicemente capolavoro.
Alessandra
(https://romancebookloverblog.wordpress.com)