Storia della Sicilia: Epoca greco-siceliota
Risulta appurato che le ondate migratorie elleniche che interessarono la Sicilia erano costituite soprattutto da individui di sesso maschile (con armi e bestiame) che raramente portavano al loro seguito donne e bambini; di conseguenza, questi uomini, nella stragrande maggioranza dei casi, si congiunsero (spesso con metodi violenti) alle donne sicule e/o sicane presenti sull’isola. La civiltà dei discendenti dei primi Greci stabilitisi in Sicilia (Sicelioti) è analoga, ma non identica, a quella della Grecia propriamente detta. La loro entità politica è la “polis”, la città-stato; anche quando si formano stati più vasti, questi sono pur sempre aggregati a essa. Non pare che nelle città siceliote (come neppure in quelle Italiote) vi sia stata mai la monarchia, sebbene prerogative monarchiche ebbero alcuni Tiranni sicelioti. L’aristocrazia fondiaria mantenne generalmente il potere fino alla metà del secolo VI; gareggiò poi con essa la plutocrazia industriale e commerciale. Successivamente al periodo di egemonia aristocratica si ha la lotta tra l’aristocrazia e il popolo, mirante quest’ultimo a ottenere l’uguaglianza dinanzi alla legge (donde le legislazioni attribuite a personaggi leggendari, tra i quali Caronda) e la partecipazione ai diritti politici. L’opposizione all’aristocrazia favorì, come in Grecia, il sorgere dei tiranni, che intorno al 500 a.C. salirono al potere in quasi tutte le città siceliote.
La Sicilia fu al di fuori della Magna Grecia, ma al pari di questa, costituì un centro di cultura greca: si ricordano Archimede, Caronda, Empedocle, Epicarmo, Gorgia, Sofrone e Stesicoro. Splendida fu la fioritura artistica, specialmente nell’architettura religiosa. Tra la fine del secolo VII e il principio del VI sorsero i primi templi, per esempio, a Siracusa e Agrigento; nel corso del VI secolo si ebbero le grandi costruzioni dei templi di stile dorico. Con le costruzioni architettoniche si sviluppò la decorazione scultorea: famose sono le metope di Selinunte. Di grande valore artistico sono anche le monete delle città siceliote.
Al primo posto per importanza politica in Sicilia fu Siracusa, che divenne antesignana nella lotta con Cartaginesi ed Etruschi. La sua ascesa risale al principio del V secolo sotto il tiranno Gelone I, vincitore a Imera (circa 480) dei Cartaginesi, mentre il fratello e successore Gerone sconfisse gli Etruschi a Cuma per mare (474). Dopo la sua morte si ebbe a Siracusa una rivoluzione in senso democratico, che provocò il ristabilimento dell’indipendenza delle città siciliane assoggettate dai tiranni siracusani. Siracusa tuttavia proseguì la sua attività marittima estendendola fin nell’Italia centrale. Si ebbe in Sicilia un tentativo dei Siculi di affrancarsi dalla preponderante presenza greca e di costituire un regno proprio sotto Ducezio, che sollevò un vasto movimento di rivolta nazionalistica, una vera e propria lega sicula, tentativo che finì per fallire (460-440).
Nella seconda metà del V secolo Atene venne a contrastare la potenza della dorica Siracusa, ma la grande spedizione ateniese del 415-413 a.C. finì in un disastro. A questi anni risale il Congresso di Gela, a cui parteciparono anche i rappresentanti dei Siculi e dei Sicani, celeberrimo fu il discorso tenuto durante il Congresso da Ermocrate, il quale dibatté sull’importanza dell’unione e della pace fra le città siceliote contro la minaccia greca, sull’indipendenza della Sicilia e sul fatto che ormai gli abitanti dell’Isola non erano più né Dori, né Ioni, né Calcidesi ma Siciliani. In questa fase approfittò Cartagine per una ripresa in Sicilia, occupando nel 409 a.C. Selinunte e nel 405 a.C. Agrigento. Siracusa venne alla riscossa sotto il tiranno Dionisio I, che però non spinse a fondo la guerra contro i Cartaginesi perché impegnato nella sottomissione delle città siceliote e nei tentativi espansionistici in Italia, ove si spinse fin nell’Adriatico superiore. Dopo la sua morte si ebbe a Siracusa un lungo periodo di sconvolgimenti, terminato nel 343 con il ristabilimento della libertà per opera di Timoleonte, il quale vinse i Cartaginesi, promosse la liberazione delle città siceliote e la loro alleanza.
Siracusa riprese la politica egemonica intorno al 316 a.C. per opera del tiranno Agatocle, che sottomise le altre città siceliote, proclamandosi ” Βασιλεύς τῆς Σικελίας ” (Basilèus tès Sikelìas) cioè “Re di Sicilia” e auto-incoronandosi alla maniera ellenistica dei Diadochi orientali. Il regno siceliota agatocleo, nel periodo della sua massima espansione, aveva come confine occidentale il Fiume Platani, estendendosi sulla parte orientale della Sicilia; su Gela, su Akragas e sul suo circondario; su Selinunte; sui territori dei Siculi e dei Sicani (stanziati nell’interno), su Reghion, Locri e sull’estremità meridionale della Calabria; tuttavia non riuscì a strappare a Cartagine la estrema parte occidentale dell’Isola. Morto lui (289) Siracusa tornò in libertà. Premuta nuovamente dai Cartaginesi, essa, assieme ad Agrigento, invitò Pirro re dell’Epiro che era venuto in Italia su chiamata di Taranto, a combattere i Romani. Pirro passò in Sicilia e ottenne successi; ma la discordia insorse tra lui e i suoi alleati ed egli fece allora ritorno sul continente. I Cartaginesi ristabilirono la loro potenza su parte dell’isola, mentre Siracusa era impegnata a difendersi dai Mamertini, mercenari campani impadronitisi di Messina. Durante la guerra contro di essi si ebbe la costituzione a Siracusa della nuova tirannia di Gerone II (270) e l’intervento dei Romani, chiamati dai Mamertini. Di qui l’inizio della prima guerra punica.