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Recensione “Le ceneri di hashish” di Angelo Rodà

La raccolta poetica “Le ceneri di hashish” edita dalla casa editrice  Kimerik  è scritta dal poeta, narratore, pittore e disegnatore Angelo Rodà nato a Dielsdorf in Svizzera, ma divenuto negli anni un “figlio adottivo” dell’Italia, in particolare della regione calabrese. Il libro racchiude centosessantuno componimenti che sono stati suddivisi in tre sezioni: la prima priva di intestazione si apre con una poesia che riporta il titolo della raccolta, la seconda definita “Ombre e Tracce” e la terza “Poesie ritrovate”.

La citazione che spalanca le porte a  questo susseguirsi di emozioni, di ricordi, di riflessioni è ripresa dal componimento poetico del Carducci.  Questa richiama alla memoria la leggenda del re longobardo Teodorico,che mise in carcere e fece uccidere il suo consigliere Severino Boezio dopo una lunga disputa religiosa. Anni dopo,mentre il re era intento a farsi un bagno nella sua vasca da bagno,fu avvisato da un delegato sull’avvistamento di un cervo dalle corna dorate e gli zoccoli d’argento. Teodorico si armò di lance e frecce  e vedendo un cavallo nero  gli salì in groppa. L’animale che procedeva veloce , concesse al re la possibilità di volare ed osservare le prime coste del Lazio e  una estesa superficie blu. Poco dopo, Teodorico si ritrovò a sorvolare sul cratere di un vulcano, ma ecco che il cavallo lo lasciò cadere causando la sua morte.

Dalla ripresa di questo riferimento “leggendario e poetico” è sicuramente possibile percepire il senso magico e misterioso della poesia e dei “viaggi” che essa arreca, trascinando il poeta attraverso distese, paesaggi ed esperienze nuove, certe volte prive  di razionalità. Il poeta,continua a definire e chiarire all’intero della raccolta  il significato  individuale del binomio “Poeta e poesia”, chiamando in maniera implicita filosofi del passato, tra i quali Schopenhauer e Nietzsche.

La poesia diviene così, il frutto dell’unificazione di due mondi: quello del reale e quello dell’interiorità, del mistero, dei fantasmi, di immagini celate agli altri esseri umani. La poesia è la bellezza eterna e senza fine :incarnazione di valori etici e sociali autentici. E’ invece,relegato a ruolo di  ribelle ed emarginato il poeta; colui che si astrae dal suo “IO” per divenire il “Tutto” per raccoglie le sensazioni più profonde dell’Universo  e dell’umanità. Al suo ritorno alla realtà egli raggiunge   appagamento e beatitudine lasciando dietro di sé “lo stato doloroso del bramare” .

Angelo Rodà apre la sua raccolta di poesie riprendendo il concetto di vita  e di dono, “perché vale sempre la pena di vivere nonostante tutto”.

Nella prima sezione, il poeta esprime attraverso i suoi versi la condizione e le emozioni che il poeta prova ,messo in relazione al mondo del quotidiano e delle convenzioni sociali che si rifiuta di assumere  in nome della libertà. Per questo motivo egli  è condannato alla solitudine , obbligato a vivere senza parlare per non nuocere. Un uccello confuso che ha spezzato le ali per muoversi sulla terra e riassumere sembianze umane. A volte teme di essere divenuto pazzo, non riesce più a trovare la sua identità ,solo perché continua a credere nei valori e nel rispetto dell’intero genere umano.  Il suo cervello fa rumore e gli produce un ronzio nella testa ,mentre il cuore batte forte e avverte le oscillazioni che le emozioni, anche le più piccole possono provocare. In questo mondo, per lui crudele e incapace di capire, il poeta ribadisce che il vero dono dell’esistenza è dare, aprire le braccia e donare/Si agli altri, alla vita stessa. In alcuni testi è presente il ricordo di una donna, di un amore che si è consumato in passato. La bellezza di questa figura terrena si fonde con la Natura divenendo una sola entità. E’ stata la sua presenza a portare la primavera nella vita del poeta, che continua a soffrire , perché non può essere se stesso con gli altri. Deve, infatti rinunciare alla sua autenticità, all’illusione di veder conciliarsi sogni e vivere quotidiano. Il mondo ha reso l’uomo un oggetto, spettatore della sua esistenza , schiavo del consumismo. L’unico sollievo è provocato dal ricordo del passato , di cui resta solo il mistero del profumo.

Continua il viaggio del poeta Angelo Rodà, che ci porta con sé a varcare la seconda soglia di questa raccolta “Ombre e Tracce”. All’intero di questa sezione le emozioni si infittiscono e diventano più intime, più oscure. Quasi indecifrabili. I ricordi dell’estate, del suo paese natio, delle pulsioni e desideri provati in gioventù per la donna amata ritornano. La mente dello scrittore è nomade, su una zolla alla deriva, egli è senza viveri e l’unica certezza che possiede in tasca è la sola esistenza e quella delle sue origini . Ecco, che una figura nuova compare sulla scena un uomo: il padre. Adesso il tempo ha solcato il suo volto con le rughe , ha indebolito il suo corpo, la forza delle sue mani. Era lui che ascoltava il figlio-poeta, nel tragitto verso casa, recitare una nuova poesia. E continuano a correre sulla scia di ombre e tracce, la sua vocazione civile ed etica, la volontà di non tirarsi mai indietro e denunciare guerre, e marcio che popolano la terra. Luogo dove uomini indifesi trovano la morte, mentre il loro sangue diviene bevanda di mosche. Il poeta e la sua sensibilità, il suo cuore, ancora una volta non “girano la testa” altrove, ma osserva e parla, denuncia, colpisce e ferisce mediante una sola arma: la parola.  Sempre tenendoci per mano, questa volta il poeta ci conduce  nella terza ed ultima sezione intitolata “Poesie ritrovate” scritte molto probabilmente quasi tutte intorno all’anno millenovecentonovantatré . Qui ritornano i temi dell’amore, della gioventù, degli ideali che si hanno quando la maturità è ancora una essenza ignota, e non si conoscono ragioni. In quel paese popolato da persone umili e semplici il poeta,da ragazzo, ritrovò il suo paradiso terrestre nell’osservare un tetto disegnato di una chiesa solitaria. Uno stato che forse ancora oggi egli ricerca, che continua a sperimentare solo quando fa poesia. Angelo Rodà chiude così la sua silloge poetica. Lascia il lettore con molteplici sensazioni e una speranza che seppur labile continua ad esistere. Il mondo ha bisogno di uomini come lui che siano ancora capaci di parlare, di essere se stessi, senza maschere, senza filtri. Il mondo ha bisogno di poeti e uomini veri.

Articolo di Marika Carolla

https://www.ibs.it/ceneri-di-hashish-libro-angelo-roda/e/9788893756358

 

 

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