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Yami. Dal Cosplay a carta e inchiostro

Yami (conosciuta anche come YamiYume) è una scrittrice emergente originaria della Sicilia, innamorata del Giappone e della Corea del Sud e di ogni forma d’arte e cultura di questi Paesi. Affascinata dal mistero e dall’universo onirico e fantastico, scrive storie fantasy e horror, gran parte delle quali ispirate a sogni e incubi da lei avuti nel corso degli anni. Con il suo primo romanzo, Immagina (pubblicato da Sangel Edizioni nel marzo del 2011 e per il quale sono state realizzate tre edizioni), l’autrice ha riscosso un ottimo successo di pubblico e critica e si è aggiudicata diversi riconoscimenti. Ha partecipato anche a numerosi concorsi per racconti, ottenendo la qualificazione e la pubblicazione delle opere in gara nelle antologie frutto dei rispettivi premi letterari.
Oggi la incontriamo, per saperne di più su di lei e sulla sua nuova raccolta di racconti, Black & Noir (Kimerik, 2014).

Chi e’ Yami e di cosa si occupa?
Sono una ragazza alla ricerca della felicità, che come tutti è costretta a fare sacrifici e a rinunciare a molte cose per inseguire l’ultimo sogno che le è rimasto, ovvero andare a Seoul. Sin da piccola ho avuto svariati interessi: la musica, il disegno, il cucito, la lettura, qualunque forma d’arte che mi permettesse di dare sfogo alla creatività e alla fantasia, e mi sono sempre interessata a tutto ciò che riguarda miti, leggende, sogni e incubi oltre che alle produzioni musicali, letterarie, videoludiche e cinematografiche di Giappone e Corea del Sud, alle culture e alle lingue di questi due paesi.
Lavoro come articolista e recensionista di produzioni asiatiche per L.S.D Magazine (acronimo di Little Sweet Dreams Magazine), una rivista digitale a cadenza mensile interamente dedicata all’Asia  che viene distribuita gratuitamente sul web. Faccio anche parte della Redazione del portale Qlibri.
Svolgo i miei incarichi con serietà, impegno e obiettività, quasi si trattasse di una missione. Tuttavia si tratta pur sempre di lavori non retribuiti: sarebbe bello poter sfruttare le conoscenze e l’esperienza accumulate sin ora e trasformarle in un vero e proprio mestiere.

Sappiamo che e’ una cosplayer. Quando e perche’ si e’ avvicinata a questo mondo fantastico?
Ho cominciato a dedicarmi al Cosplay nell’estate 2010, coinvolta da alcuni ragazzi e ragazze di Catania e dintorni che avevo conosciuto per caso su internet.
Per chi non lo sapesse, il Cosplay è un’arte nata in Giappone verso la fine degli anni ’80 a scopo d’intrattenimento e consiste nel creare abiti e costumi ispirati a personaggi di manga, anime e videogiochi giapponesi per interpretarne fedelmente i ruoli. Successivamente il Cosplay si è diffuso nel resto del mondo, attirando e coinvolgendo migliaia di appassionati. Sono stati istituiti eventi e concorsi dedicati completamente al Cosplay, durante i quali i partecipanti (che prendono, per l’appunto, il nome di cosplayer) sfilano o si esibiscono sul palco davanti a una giuria che alla fine dello spettacolo premia i migliori. Originariamente gli abiti, gli accessori e persino le scenografie venivano creati interamente dai cosplayer, ma oggi sono sempre più numerosi coloro che si rivolgono a sarte o ad altri cosplayer che si sono specializzati nella realizzazione di abiti e accessori, riuscendo così a trasformare un hobby in lavoro.

Cosa rappresenta per lei la scrittura?
Per me la scrittura è bisogno di dar voce a pensieri, idee e riflessioni maturate da una parte di me rimasta in silenzio per molti anni, sconosciuta nonostante sia stata sempre sotto gli occhi di chiunque avesse voluto conoscerla. È anche un modo per dar voce a dei sogni o incubi che mi restano impressi per le loro storie particolari e per i messaggi che portano con sé: forse leggendoli qualcuno, da qualche parte nel mondo, si riconoscerà nei personaggi e dirà “ma questo/a sono io!” oppure troverà risposte a dubbi e domande che nessun altro finora è riuscito a dargli.

Cosa l’ha spinta a iniziare a scrivere? E’ molto tempo che si dedica a carta e inchiostro?
Nel Giugno 2009 ho sentito l’improvviso bisogno di mettere per iscritto tutte quelle riflessioni e quei sentimenti che avevo tenuto dentro per anni, represse e nascoste nel mio intimo e nel farlo ho scelto come “portavoce” un personaggio speciale, un ragazzo che sin da bambina, sporadicamente, appariva nei miei sogni, sempre coinvolto in situazioni strane, alla ricerca di risposte e in fuga da entità angoscianti. Così è nato il mio primo romanzo, Immagina. Da quel momento non mi sono più fermata, anzi nei miei sogni sono apparsi nuovi personaggi con le loro vicende bizzarre e misteriose, come se dentro di me si fosse attivato qualcosa e mi avessero affidato la missione di comunicare dei messaggi sotto forma di storie.

Ha dei punti di riferimento letterari?
Da piccola leggevo di tutto: favole, romanzi d’avventura, tragedie shakespeariane, romanzi d’amore, i racconti misteriosi, horror e gialli di Edgar Allan Poe, il mio primo amore letterario. Poi ho cominciato a leggere manga, graphic novel giapponesi fantasy e romanzi dello stesso genere e mi sono innamorata anche dei racconti e romanzi del canone originale di Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle. Non ho dei veri e propri punti di riferimento, ma se dovessi scegliere indicherei per l’appunto Poe su tutti, il genere fantasy e horror in generale e infine Doyle, per la sua attenzione per i dettagli, l’analisi e l’osservazione.

Chi e’ stato il primo a sapere della sua passione e della sua opera? Come ha reagito?
Mia “sorella” Barbara e mio “zio” Daniele credo lo abbiano saputo ancor prima dei miei genitori e ovviamente sono stati entusiasti e mi hanno dato da subito il loro sostegno. La nostra parentela è fittizia, non è dettata da legami di sangue: semplicemente ci piace considerarci come membri di una stessa famiglia perché il nostro legame è più forte della semplice amicizia. Ho anche altre sorelle, zie, fratelli, cugini e un nonno sparsi in tutto il mondo.

C’e’ qualcuno dei suoi racconti che ama in particolar modo? Perche’?
In realtà ce n’è più di uno. Provo una sorta di affetto per quei racconti che traggono spunto da sogni o incubi, proprio perché ho visto i protagonisti, ho vissuto i loro stati d’animo, ho guardato con i loro occhi.

Si e’ mai identificata in qualche personaggio nato dalla sua penna?
Mi sono identificata moltissimo in Feo, il protagonista del mio primo romanzo, che è quasi la mia versione al maschile, ma ci sono altri personaggi sui quali inevitabilmente ho riversato una parte di me, i miei modi di fare e vedere il mondo.

Ha tratto ispirazione da qualche esperienza o e’ tutto frutto della sua fantasia?
Come si può intuire, ciò che scrivo è una combinazione di fantasia, esperienza diretta e viaggi onirici.

Cosa pensa del mondo letterario contemporaneo?
È un mondo caotico e complicato, almeno qui in Italia: i grandi editori monopolizzano le tendenze di mercato e generalmente preferiscono importare opere di autori stranieri anziché investire sui talenti del proprio territorio, per cui un autore italiano fa dieci volte più fatica a farsi notare rispetto a chiunque altro già in casa sua, figuriamoci all’estero, salvo quei nomi che magari grazie alla fama derivante dal proprio lavoro, a un capitale sostanzioso o grazie alle conoscenze giuste hanno avuto la possibilità di spianarsi la strada. A un esordiente italiano non resta che affidarsi alla piccola o media editoria, che a sua volta si divide in EAP, DB e Free, o al self publishing. Nel nostro Paese si tende ancora a credere che chi pubblica con Case Editrici A Pagamento o a Doppio Binario o chi si affida al Self Publishing lo faccia perché ha la presunzione di voler pubblicare il suo scritto senza sottoporlo a mani esperte che potrebbero respingerlo o applicare modifiche sostanziali e che quindi ciò sia sinonimo di scarsa professionalità e anche scarsa qualità, mentre le Case Editrici Free, dovendo investire i propri capitali sulle opere, siano automaticamente sinonimo di garanzia, qualità ed efficienza. In verità ho avuto modo di sperimentare sia direttamente che indirettamente che non è esattamente così. Lavorando come volontaria per siti, blog letterari e avendo anche fatto parte di alcune giurie di concorsi nazionali, mi è capitato di intervistare autori, apprendere le loro esperienze con i vari tipi di Editori e leggere le loro opere. Ho letto romanzi, racconti e poesie di alto livello pubblicati con Case EAP e DB o con servizi di Self Publishing allo stesso modo in cui sono rimasta perplessa davanti a romanzi pubblicati da Editori Free, anche molto noti, pieni di errori di editing e a volte anche di formattazione. Ho conosciuto autori che si sono rivolti al Self Publishing proprio perché delusi da Editori Free che non hanno mai fatto un buon servizio di promozione e distribuzione delle loro opere, che non hanno mai svolto rendiconti e girato le quote agli autori.
Io stessa avevo pubblicato il mio primo romanzo con una CE Free che, dopo un anno e mezzo di attività insieme, durante il quale il mio libro aveva riscosso consensi e interessi da parte del pubblico e si era aggiudicato riconoscimenti letterari, ha cambiato politica interna passando a un sistema a Doppio Binario e dopo aver truffato vecchi e nuovi autori ha chiuso i battenti.
Tutto questo per dire che non sempre CE Free è garanzia di professionalità e qualità, così come non sempre EAP, DB o Self Publishing è sinonimo di scarsa qualità e serietà. Bisognerebbe giudicare l’opera in sé, a prescindere dalle etichette delle Case editrici e delle motivazioni che abbiano potuto spingere un autore a pubblicare scegliendo un servizio piuttosto che con un altro.

Cosa pensa dei talent show dedicati agli scrittori? Crede siano una buona occasione per farsi conoscere o e’ piuttosto fedele ai tradizionali giudici della promozione, ovvero i lettori?
Penso che i Talent Show incentrati su canto, recitazione o altre forme d’arte che mettono l’artista a diretto contatto con il pubblico hanno una loro utilità in quanto permettono a una persona non solo di farsi conoscere da migliaia di persone, a prescindere dal fatto che possa avere davvero un talento oppure sia solo alla ricerca di attenzioni, ma anche di mostrare visivamente ciò che sa fare davanti a un pubblico e a una giuria composte da gruppi di individui di età, gusti, sesso e idee diversi.
Un Talent Show dedicato agli scrittori, invece, non mi sembra di grande utilità: la scrittura è un qualcosa che non puoi mostrare visivamente, è molto più difficile comunicare un messaggio o raccontare una storia servendosi di parole che ogni singola persona recepisce con una sfumatura differente non solo in base alle proprie idee personali ma anche in base allo stato d’animo in cui si trova quando riceve il messaggio. Scrivere non è un qualcosa che può essere esibito, esaminato con una lente d’ingrandimento sotto gli sguardi di tutti. Inoltre un Talent Show può rivelarsi un’arma a doppio taglio: se quando ci si mette sotto gli occhi di migliaia di persone si ha un grande messaggio da comunicare ma non si posseggono ancora gli strumenti giusti per affinare la propria tecnica narrativa, si rischia di bruciarsi ogni possibilità in anticipo, perché una volta essersi fatti una nomina la gente purtroppo non se ne dimenticherà.

Ha già altri racconti nel cassetto? Se si’, può regalarcene un’anteprima?
Ho già molti racconti in attesa di una pubblicazione: favole dallo stile orientale, racconti fantasy e horror e anche un altro romanzo rimasto in sospeso da un paio d’anni. Non posso anticipare nient’altro al momento.

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2 pensieri riguardo “Yami. Dal Cosplay a carta e inchiostro

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