Sicilia

Isole sparse: Ustica  

L’isola di Ustica si trova nel Mar Tirreno a circa 67 km a nord-ovest di Palermo e a 95 km a ovest di Alicudi, ma non fa parte delle Isole Eolie; occupa una superficie di circa 8,65 km² con una circonferenza di 12 km e misura 3,5 km di lunghezza e 2,5 km di larghezza. La caratteristica naturale dell’isola è la presenza di numerose grotte che si aprono lungo le coste alte e scoscese, così come numerosi scogli e secche presenti tutt’intorno all’isola; sono da menzionare la grotta Verde, grotta Azzurra, grotta della Pastizza, grotta dell’Oro, grotta delle Colonne e gli scogli del Medico e della Colombara.

Sull’isola è presente la stazione meteorologica di Ustica, ufficialmente riconosciuta dall’Organizzazione meteorologica mondiale. Le precipitazioni medie annue si attestano a 505 mm, mediamente distribuite in 68 giorni di pioggia, con minimo in estate e picco massimo in autunno-inverno. L’umidità relativa media annua fa registrare il valore di 78,2% con minimo di 74% a luglio e massimo di 82% a gennaio; mediamente si contano 18 giorni di nebbia all’anno.

Gli antichi romani la chiamavano Ustica (da ustum, “bruciato”), mentre presso i greci era nota come Osteodes, Οστεώδες, “ossario” per i resti di mercenari che vi sarebbero morti per fame e sete. Da alcuni, come lo storiografo neozelandese L.G. Pocock e lo scrittore Marco Carlo Rognoni, viene ritenuta l’isola Eèa, la dimora della maga Circe citata nell’Odissea, che trasformava gli incauti visitatori in maiali.

Gli insediamenti umani risalgono al Paleolitico; alcuni scavi archeologici hanno portato alla luce i resti di un antico villaggio cristiano. Sepolture, cunicoli e una gran quantità di reperti archeologici ritrovati anche sott’acqua, a causa dei tanti naufragi avvenuti nel tempo, testimoniano una presenza costante, nel luogo, di vari antichi popoli mediterranei, Fenici, Greci, Cartaginesi e Romani che vi lasciarono vestigia dappertutto. In seguito divenne base dei pirati saraceni e lo rimase per lunghissimo tempo.

 

Nel VI secolo vi si stabilì una comunità Benedettina, ma fu ben presto costretta a spostarsi a causa delle imminenti guerre fra Cristiani e Musulmani. Nel Medioevo fallirono dei tentativi di colonizzare l’isola a causa delle incursioni dei corsari barbareschi, che fecero dell’isola un proprio rifugio.

 

Nel 1759 Ferdinando III di Borbone impose una colonizzazione dell’isola; furono edificate due torri di guardia, Torre di Santa Maria e Torre Spalmatore, che facevano parte del sistema di avviso delle Torri costiere della Sicilia, cisterne per raccogliere l’acqua piovana e case che costituirono il centro abitato principale presso la Cala Santa Maria. Vi vennero coloni palermitani, trapanesi ed eoliani, accompagnati da un centinaio di soldati. Nel 1762 la popolazione fu preda dei corsari barbareschi e venne quasi tutta rapita e condotta in cattività in Tunisia. Quindi si intensificarono i lavori a difesa dell’isola, il nuovo ripopolamento avvenne a partire dal 1763, e in particolare l’ingegnere militare brigadiere Giuseppe Valenzuola già nel 1765 aveva redatto il piano urbanistico dell’attuale abitato, che, perdurando gli attacchi dei corsari, su impulso del governatore borbonico Giuseppe Laghi, venne difeso oltre che dalla Torre di Santa Maria, dal Rivellino di San Giuseppe e dalla connessa Fortezza della Falconiera che fu impiantata a partire dal 1800 sul rilievo omonimo.

 

Ustica al tempo dei Borbone fu anche un luogo di confino per prigionieri politici e vi restò anche sotto casa Savoia. Nel 1869 fu oggetto di una visita da parte dell’arciduca Luigi Salvatore d’Asburgo-Lorena, noto per i suoi studi scientifici sul Mediterraneo e quale precursore per la conservazione di importanti aree naturalistiche, che la citò nel suo monumentale volume dedicato alle isole del Mediterraneo edito nel 1869. Durante il regime fascista Ustica fu luogo di confino. Vi furono ristretti Giuseppe Romita, Amadeo Bordiga, Nello Rosselli, Carlo Rosselli, Antonio Gramsci e Ferruccio Parri, oltre che numerosi prigionieri politici senussiti catturati nell’ultima fase della guerra coloniale in Libia.

Durante la Seconda Guerra mondiale, dei prigionieri di guerra jugoslavi sono stati ammassati sull’isola, e molti di loro sono morti di malnutrizione e di tubercolosi. Tra i confinati si trovavano anche dei Rom jugoslavi, francesi, belgi e olandesi.

La località è conosciuta poiché utilizzata come punto di riferimento geografico della cosiddetta Strage di Ustica, avvenuta il 27 giugno 1980, quando il volo Itavia da Bologna a Palermo, precipitò a una notevole distanza dall’isola; in quell’episodio morirono 81 persone tra passeggeri e equipaggio.

Dopo anni di processi penali e teorie, la sentenza 1871 depositata il 28 gennaio 2013 dalla Terza sezione civile della Suprema Corte identifica come causa della sciagura l’impatto del velivolo con un missile, condannando lo Stato Italiano al risarcimento dei familiari delle vittime per aver eseguito controlli radar inadeguati.

 

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