Lampedusa, isola nell’isola
La solitudine di Lampedusa, in tempo di elezioni, aumenta. Diventa essa stessa ostaggio di chi la considera il luogo dell’immigrazione.
Precisiamo che l’isola è prima di tutto “Il non luogo” perché qui gli immigrati lasciano solo le orme sulla splendida sabbia. Eppure è, l’isola, il luogo in cui tutto si ingarbuglia. Il centro per i rifugiati è sovraffollato (un eufemismo, a fronte di una capienza di poche centinaia di persone in questi giorni trovano posto migliaia di persone).
Come si può nascondere che Lampedusa è lasciata sola a se stessa e utilizzata per scopi politici?
Certo, si deve ammettere: qui non si può fare integrazione. Non è questo caos che può offrire possibilità e formazione, strumenti e conoscenze.
Il solito caos dove tutto è ammesso e che dunque nasconde le responsabilità individuali e politiche. Vogliamo accogliere? Invitiamo, definiamo criteri. Formiamo chi vuole venire in Italia. Integriamolo davvero con alfabetizzazione, formazione. Diritti e doveri. Anzi, direi: doveri e diritti perché anche l’ordine delle parole conta. Questo caos, questo tirare e stirare l’isola di Lampedusa a destra e a sinistra ha un solo effetto: favorire l’immigrazione clandestina. Che non giova all’Isola, non giova alla Sicilia e non giova all’Italia.