Recensione “Se uccidi un angelo” di Gabriella Zagaglia
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Come ci fa osservare Gabriela Zagaglia nella prefazione con cui apre la sua silloge poetica, nel corso dei secoli il messaggio poetico ha subito numerosi e profondi cambiamenti. La poesia non è più una prerogativa di una casta culturale ristretta, ma si è diffusa tra il popolo, arrivando a portata di tutti mediante molteplici canali di comunicazione, passando dalle vie tradizionali a quelle più tecnologiche, dal materiale al virtuale, abbattendo barriere e superando limiti e confini.
Un tempo all’interno della società il poeta assumeva il ruoto di vate-profeta, una figura che non è scomparsa del tutto nel presente ma che in un certo senso ha cambiato caratteristiche e connotati. In epoca moderna si è arrivati al punto che nel mondo della comunicazione verbale c’è fin troppo fermento e in questa cacofonia di suoni, parole e chiacchiere, è necessario che l’antica e nobile arte si riappropri del suo linguaggio e della sua ragion d’essere, in modo da uscire dal piano individuale e tornare a quello collettivo.
Nonostante tutto, la poesia riesce ancora a filtrare attraverso il baccano, a penetrare nell’animo di ogni individuo e trasformarlo: è un processo che parte da una rielaborazione che l’essere umano sviluppa a livello inconscio e che si basa su percezioni ed emozioni che egli matura partecipando alla realtà che lo circonda, producendo successivamente una sorta di risposta a tali stimoli esterni.
Ed è proprio in questo suo “restituire” che l’autrice individua nella poesia una ciclicità che sembra ricalcare il senso circolare della vita stessa e del suo scorrere. Questo principio, quindi, non può che riflettersi nei suoi versi, dove l’esistenza si svolge tra affanni e promesse, tempeste e naufragi, sgomento e vuoto, speranza e disperazione, per poi riavvolgersi su se stessa:
“Mi avvolge materna
la spirale sacra,
mentre mi nutro
di filamenti e plancton”.
O ancora:
“E poi perpetua ostinato,
il quotidiano.
Scorre il film della vita,
scenario grottesco,
ma esplodono
i fiori ermafroditi
dalla corteccia del siliquastro
e Giuda sorride
baciandomi in bocca”.
Nel film della vita si consumano continue tragedie nell’indifferenza totale. Anime sensibili e innocenti vengono immolate come agnelli sacrificali per svegliare le coscienze, vittime di mali sociali di varia origine e forma: follia, violenza, droghe. Muoiono rispondendo all’odio ricevuto con comprensione e perdono. Sono questi i protagonisti dei suoi componimenti e Gabriela Zagaglia si assume l’onere di raccontarne la storia, tramandando al mondo un messaggio illuminato, volto a ristabilire un equilibrio nel cosmo, come un vero vate-profeta dei nostri giorni. E lei possiede senza dubbio una sensibilità sviluppata che le consente di librarsi sul mondo, osservare lo scorrere del tempo e dell’esistenza, cogliere sussurri, preghiere e visioni future da restituire sotto forma di poesia.
Le parole dell’autrice possono suonare dure, talvolta persino brutali. Il messaggio colpisce diretto, con forza, come a voler svegliare le coscienze dal torpore e dal vuoto in cui si lasciano annegare. Tuttavia non tutto è perduto, poiché da quelle stesse parole malinconiche e amare emerge un barlume di speranza.
“Non più rondini ad annunciare primavere.
Liquefazioni artiche sconvolte,
coleranno come cera fusa sul pianeta.
Sarà parvenza un ciclo.
Un cuore di roccia compirà riconversioni salvifiche.
Morirà il monossido di carbonio in un abbraccio
eterno,
se ne sopravvivrà coscienza”.
Se uccidi un angelo
di Gabriella Zagaglia
ISBN: 978-88-9375-652-5
Formato: Rilegato
Genere: Poesie
Collana: Karme
Anno: 2018
Pagine: 114
Disponibile anche in formato e-book
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