Castello di Lombardia (Enna)
CASTELLO DI LOMBARDIA (Enna)
Castello di Lombardia – Enna
Cerere prima fu, che con l’aratro
Ruppe la terra e ne cavò le biade.
…ed ogni cosa
E’ di Cerere dono…
OVIDIO
Le origini della antichissima rocca si perdono nell’oscurità della leggenda la quale narra che in quel luogo vi fosse la residenza di un re sicano e della Dea Cerere sua moglie. E di Proserpina narra; la meravigliosa sua figlia che, dolcemente intenta a raccoglier fiori, venne rapita da Plutone e con lui sprofondò nella terra, ove per incanto si formò subito un lago, chiamato poi Pergusa.
Queste ed altre ancora le belle, antichissime leggende legate ai luoghi ed all’originario castello che invece ci tramanda solo qualche sbiadito ricordo della sua storia, lunga e misteriosa.
Alcuni studiosi ne attribuiscono il nome ai musulmani che pare chiamassero i normanni col nome di lombardi, altri vogliono che esso provenga da una colonia di gente lombarda ospitata nel castello dal gran conte Ruggiero nel 1086, mentre invece potrebbe verosimilmente aver preso nome da quell’Enrico di Lombardia che ebbe in moglie Flandrina figlia di Ruggiero.
Castello di Lombardia (Enna) Sembra accertato comunque, che furono gli svevi, nel 1233 circa, a dargli sviluppo ed imponenza, ma l’improvvisa morte di re Federico, nel 1250, ed il desiderio di libertà comunali spinsero il popolo di Enna ad assalire il castello, uccidendovi il castellano Guaimario.
Nel 1261 si vuole che abbia avuto qui termine la vita del famoso avventuriere Giovanni di Cocleria, catturato da Manfredi (figlio di rè Federico del quale il Cocleria sfruttava una straordinaria somiglianza) ed impiccato in un cortile del castello.
Verso il 1300 vi dimorò re Federico II d’Aragona mentre, successivamente, il figlio Pietro II alternò spesso la sua residenza tra il castello Ursino di Catania e la rocca ennese.
Nel 1458 vi fu convocato il Parlamento Siciliano.
In seguito (1666) il nuovo sovrano Carlo II, di appena quattro anni di età (sotto la tutela della madre, regina Marianna), ne riconfermò simbolicamente il possesso al castellano del tempo, con solenne cerimonia.
Durante le feste per la incoronazione un imponente corteo giunse davanti al castello e il castellano, portando sopra un piatto d’argento le chiavi di esso, si avanzò offrendole al capitano il quale glie ne fece solenne riconsegna nel nome del re.
Per secoli dalle sue storiche porte, vittoriosi o sconfìtti, passarono i dominatori dell’isola sempre aspramente contesa.
Infine i Borboni vi fecero soltanto fugaci visite, amando assai più i grandi ed accoglieenti palazzi che il rude castello turrito, dalle alte e granitiche mura.
Oggi, per troppo lungo abbandono, di questo colosso architettonico rimane assai poco ma si ha notizia di vaste sale, di orrende prigioni sotterranee e di una chiesa (di S. Martino) costruita dai normanni tra le sue mura.
Delle sue venti poderose torri soltanto tre rimangono pressoché intatte e tra queste quella detta Pisana poiché si vuole che al tempo dei normanni nel presidio del castello vi fossero pisani dai quali essa avrebbe preso nome.
In uno dei grandi cortili, trasformato in teatro estivo, si svolgono ogni anno pregevoli spettacoli lirici e la divina musica par quasi una preghiera per la remota gente che qui visse e scomparve (http://www.castelli-sicilia.com).