Cultura

Donato Di Capua: “La scrittura? Un istinto celato nella mia anima”

Donato Di Capua è nato a Pietragalla (PZ) il 27 ottobre 1965, e qui vive tutt’ora. Con il suo esordio letterario “Il buio della mente, la luce nell’anima”, ha scalato la classifica della Casa Editrice Kimerik, conquistando il primo posto in quanto libro più venduto dell’anno. È stato premiato nella sezione scrittori Italiani come vincitore al 23° premio nazionale Fratellanza Nel Mondo a Fiuggi e nel Concorso “Un libro amico per l’inverno 2014”. Tali risultati hanno animato ancora di più la sua verve scrittoria, sappiamo infatti che sta lavorando ad altre opere…
Oggi abbiamo deciso di incontrarlo…

Chi e’ Donato Di Capua e di cosa si occupa?
Donato Di Capua è imprenditore che da anni gestisce l’azienda di famiglia ma che in un momento della sua vita decide di parlare al mondo di ciò che pensa. E quale mezzo migliore della scrittura per soddisfare questo bisogno? Ho così utilizzato ogni attimo di tempo che riuscivo a strappare al lavoro, per immergermi in quella che ho capito essere la mia vera essenza. Ed ogni giorno questa parte di me emerge sempre di più rendendomi semplicemente felice. Amo dedicarmi ad iniziative volte al sociale. Infatti il ricavato delle vendite del mio primo libro è stato devoluto all’associazione “Medici senza frontiere”. Sono un cantastorie delirante.

Cosa rappresenta per lei la scrittura?
La scrittura è per me la valvola di sfogo che, come dicevo, mi permette di fuggire dal quotidiano, è quel mondo magico in cui mi rifugio volentieri, è il modo più essenziale per prendere coscienza di me stesso e della realtà che mi circonda, talvolta alterandola, talvolta apprezzandola guardando oltre essa. La scrittura è semplicemente un gesto, un pensiero, un’idea, e al tempo stesso è la fusione di questi tre elementi. È semplicità che diventa armonia.

Cosa l’ha spinta a iniziare a scrivere? E’ molto tempo che si dedica a carta e inchiostro?
Ho sempre amato la scrittura, ho scritto racconti che poi ho regolarmente cancellato. Mi ha spinto ad essa un istinto che era ben celato nella mia anima e che ad un certo punto della mia vita ha avuto bisogno di divenire testimone di immortalità. È questo che fa la mia scrittura, rende immortali i ricordi.

Ha dei punti di riferimento letterari?
Sono amante di vari generi letterari. Sarebbe impossibile svincolarsi dai grandi classici. Mi colpisce Baudelaire con i suoi Fiori del Male. Amo i romanzieri novecenteschi. Apprezzo moltissimo il particolare stile di Paolo Coelho. Per la poesia mi emozionano le liriche e la filosofia di vita di Kahlil Gibran.

Chi e’ stato il primo a sapere della sua passione e della sua opera? Come ha reagito?
In realtà il primo a sapere della mia passione ed il primo ad avere coscienza che i miei scritti erano ormai diventati una storia e sarebbero divenuti un libro sono stato proprio io. E proprio la presa di coscienza di questo è stata per me stimolo e gioia immensa. Contemporaneamente a me lo ha saputo la donna del ricordo, mia madre, che ormai vive in me e condivide ogni attimo della mia esistenza. È a lei che dedico la mia passione e la mia opera. Mia moglie mi ha spinto a spedire il libro alle case editrici. Ci ha seguiti tutto il resto della mia famiglia che è stata ben felice di incoraggiarmi e sostenermi in questo nuovo fantastico percorso.

Man mano che da’ vita a nuove esperienze letterarie, c’e’ qualcuno che l’affianca in questi percorsi? Con chi ama piu’ condividere la gioia delle sue pubblicazioni?
Come le dicevo, non potrei non condividere la gioia delle mie pubblicazioni con tutti coloro che fanno parte della mia vita, in primis con la mia famiglia. È sempre bello renderli partecipi delle mie creazioni e non c’è soddisfazione più grande del vedere il brillio dei loro occhi quando commentano i miei scritti e mi raccontano le loro sensazioni a riguardo.

Crede che il protagonista del suo romanzo faccia parte di lei?
Il protagonista del mio romanzo, Kalì, non fa solo parte di me, è l’alter ego di me stesso. Ciò che in realtà sono e magari nascondo, ciò che ogni giorno mi impegno a non tradire. Kalì è la parte migliore di me, è quel pezzetto di sogno che abita la mia anima, è forse proprio lui che mi spinge a scrivere, è quell’attimo di follia che mi ricorda istante dopo istante quanto bello sia cantare la vita.

Ha tratto ispirazione da qualche esperienza o e’ tutto frutto della sua fantasia?
Le esperienze di vita sono fatte per essere rielaborate e rivissute daccapo, così da assimilarle, comprenderle, capire il motivo per il quale sono state poste da qualcuno di più grande sul nostro cammino. È così che la fantasia si unisce alla realtà e insieme animano la mia scrittura. Il mio primo romanzo parte rivivendo una mia esperienza personale per accettarla e riuscire ad andare avanti. È per questo che sarò per sempre legato alla mia prima opera.

Ci parli un po’ del suo protagonista…
Kalì è un medico che lavora per “Medici senza frontiere”. Ma in un particolare momento della sua vita perde la memoria annientando così il suo passato, i suoi ricordi, le sue emozioni. Non saprà più quale è stata la sua vita. Si ritroverà in un centro per malati di mente, circondato da chi cercava di riportarlo sulla via della memoria. Il suo percorso sarà lungo, e solo dopo aver ricostruito il passato potrà incominciare da dove aveva lasciato e vivere da uomo completo il suo futuro.

Prevede un futuro per lui?
Kalì rimarrà la mia anima guida e sarà sempre e comunque parte delle mie opere essendo parte di me. Ma non comparirà visibilmente come protagonista. Ogni libro ha un suo cerchio magico che si apre e si chiude e lasciarne uno in sospeso sarebbe come se lo si tradisse in qualche modo. Tutti gli abitanti delle mie storie si ritrovano continuamente nella mia anima, si riuniscono e insieme creano, suggerendomi nuovi compagni ai quali dar vita e nuovi contesti nei quali farli correre nel vento ancora una volta.

Sappiamo che e’ in corso di pubblicazione un nuovo romanzo… ha voglia di anticiparci qualcosa?
Il mio prossimo romanzo è già in fase di pubblicazione presso la casa editrice Kimerik. Ho instaurato con la casa editrice un rapporto insolito e speciale e questo grazie al loro spirito di collaborazione, alla loro disponibilità, all’alto grado di professionalità che hanno saputo fornirmi ma anche e soprattutto grazie alla loro umanità che ci ha permesso dar vita insieme a un bel libro. Il titolo della seconda opera è “Giocando con le spade di legno” ed è un romanzo storico che rivive in maniera magica la questione meridionale e il brigantaggio in Basilicata, il tutto contornato dalla poesia che solo l’invenzione sa regalare. I paesaggi evocano, le emozioni raccontano, le lotte diventano semi di speranza. E sarà essa a vincere nel trionfo della libertà.

Ha altri scritti nel cassetto che intende condividere col mondo dei lettori? Se si’, ci racconti un po’…
Un altro romanzo è già completo, altre idee invece cominciano a svolazzare in me e a farsi sempre più piene di vento. Ecco perché crescono veloci. Ogni romanzo, sin dal primo, contiene in esso il titolo del successivo proprio per ricollegare tra loro gli abitanti del mio cerchio magico e crearne uno immenso che ha in sé tutto ciò che nasce nella mia mente e che si sviluppa sul foglio bianco. Dalla storia voliamo alla fede, dalla fede ritorniamo all’immortalità dei ricordi. Ma non vi dico altro, scoprirete…

Cosa pensa del mondo letterario contemporaneo?
Il mondo letterario di oggi è ricchissimo, è una fitta rete di idee e creazioni di ogni genere. Ci sono più scrittori che lettori. E questo è un bene se si scrive per un bisogno interiore e non per moda. La magia della scrittura è quella: nasce dall’anima e arriva alla mente. Se mai accadesse il contrario sarebbe logica e mai arte.

Cosa pensa dei talent show dedicati agli scrittori? Crede siano una buona occasione per farsi conoscere o e’ piuttosto fedele ai tradizionali giudici della promozione, ovvero i lettori?
Sinceramente non mi fido della modernità in scrittura. Il talent show è pur sempre un atto pubblico. La scrittura è un atto privato, interiore, talmente intimo che deve davvero nascere dall’anima e non davanti alle telecamere. Si scrive in momenti di solitudine, magari in piena notte a lume di candela, o persi tra le fiamme di un fuoco amico, si scrive sul mare, per strada, mentre la realtà incombe pesante intorno. Farlo per gara, davanti a milioni di persone, rischia di trasformare quella semplice armonia di cui parlavo prima in una meccanica banale e per nulla fertile. Il primo giudice di ciò che scriviamo siamo noi stessi. Se ci fa star bene, sarà sempre arte. Se poi il lettore concorda, l’arte diventa condivisione. E la storia non sarà solo un fantastico racconto ma anche un buon libro.

 

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