I versi della poetessa siciliana Lucia Ferrara, un fiume di emozioni tra classicismo e poesia moderna
Leggendo i versi di Lucia Ferrara sento la lirica latina.
Leggo Lucia Ferrara e ritorna Catullo e Tibullo, Properzio e Ovidio (mi riferisco alla metrica e all’eleganza del verso) E però riappare, potente anche Alda Merini.
Con la disperazione, col dolore, con le apparenti incongruenze, educate però da una voce letteraria appunto elegante e formale.
C’è questo dualismo in Lucia Ferrara: da un lato una lirica ribelle, fuggitiva, con voce rotta e spezzata dall’emozione però condotta sapientemente dentro una cornice letteraria elegante con uno stile sobrio che rimodula il verso e lo misura.
L’anima di Lucia urla dolore e delusione, dall’altro l’eleganza del suo stile soccorre il contenuto e riequilibra i termini del discorso. La frequenza emotiva di tensione (spannung direbbero i tedeschi) è vibrante e costante, in ogni pagina.
Ma non c’è disarmonia perché la scrittura elegante di Lucia Ferrara riequilibra il pathos, riconducendo le parole dentro un alveo letterario come dicevo importante.
Prima di tutto diciamo che questa non è una raccolta di poesie, ma un canto e non si chiama La libellula, ma LIBELLULA. Vi è un unicum, un’unitarietà di temi e intenti che è rappresentata anche dal titolo DIRETTO, appunto LIBELLULA. Del resto l’omissione dei titoli all’interno del testo (scelta saggia) rappresenta un unico grande volo, un unico infinito Canto.
Allora, come inizia questo “Canto”?
Inizia con le parole.
“Ti sogno” collocando la frequenza emotiva alta, un climax ascendente e in questo volo, dentro il dolore, le aspettative, le delusioni e i sogni. Il climax resta ascendente.
Se infatti le prime parole sono legate al sogno, anche l’ultima ha una frequenza emotiva altissima, difatti questo libro si chiude con la parola “AMORE”
E’ come se la sua poesia si estendesse in volo, coprendo un territorio poetico enorme.
Musiche che si ritrovano in assonanze liriche struggenti con tanti temi e vi è tra tutti appunto un tema dominante: l’amore (non quello languido e sentimentale) ma come misura della vita come unica salvezza dal dolore.
Per esempio nei versi del cosiddetto pianto
Tutto è dolore, la vita è dolore, anche l’amore, eppure come vedremo l’amore ci salverà.
Pianto
il mio
un’abitudine decifrabile
tra l’imbrillare del dolore
È una costante
suoneria del giocattolo
del cuore infante
Pianto
il mio
pianto infruttuoso
tra le didascalie di cieli
sempre più irraggiungibili
per questo racconto la grande menzogna
di un amore
ma l’unico modo
per pulire il malessere
è scrivere
quattro parole imbrogliate
così imbriglio il pianto
il mio tra capelli e mani.
Qui Lucia sembra esprimere un profondo senso di dolore e tristezza attraverso il tema del pianto. La poetessa descrive il suo pianto come un’abitudine decifrabile, una costante che risuona come una suoneria di un giocattolo nel cuore “infante”.
Questo pianto è definito infruttuoso, suggerendo che non porta alcun sollievo reale. Vi è un riferimento all’irraggiungibilità dei cieli, che potrebbe rappresentare la speranza e la felicità che sembrano lontane e inaccessibili. Il poema sembra suggerire che l’unica via per affrontare il malessere emotivo sia quella di scrivere, di trasformare il dolore in parole. Dunque l’amore per le parole, per la poesia come ancora di salvezza.
Ferrara utilizza immagini forti per evocare il suo stato emotivo immagini di vulnerabilità e di fragilità e in questo umanissimo dolore vi è unica nota divina: l’arte. Che diventa senza volerlo essere salvifica.
Il poema intero è organizzato in strofe e versi brevi, che possono richiamare una sorta di frammentazione emotiva. Per esempio alcune ripetizioni come “Pianto/il mio” all’inizio di ogni strofa sottolineano l’idea di persistenza e costanza del dolore. L’uso della rima e della metrica contribuisce a creare un ritmo nel testo.
Nel complesso, il poema LIBELLULA esprime un profondo senso di dolore, tristezza e disillusione. L’uso delle immagini e delle parole contribuisce a creare un’atmosfera di vulnerabilità e frammentazione. La scrittura stessa sembra essere un mezzo attraverso il quale Lucia cerca di affrontare il suo malessere emotivo, cercando di “imbrigliare” il suo pianto attraverso la scrittura.
Se da un lato lo stile attenua il dolore, dall’altro, lo stesso stile esalta l’amore, che di questo parliamo.
Dell’amore, nelle varie sfumature. L’amore per la vita, per il dolore, l’amore per l’amore. Come unica matrice dell’esistenza, ora, adesso, qui.
Gianfranco Natale
Lucia Ferrara è nata a Sant’Agata di Militello (Me) nel 1972 e attualmente è docente di Lettere presso l’ITIS ‘E. Torricelli’ di Sant’Agata Militello. È autrice di diverse raccolte poetiche tra cui: Memorie lente (2014), Prigione d’Ambra (2017). Alcune poesie sono state pubblicate nella rivista letteraria Lupo Alberto (Mondadori).