Recensione del film “La prima luce”
“L’OCCHIO CINEFILO-BUIO IN SALA”:
RECENSIONE FILM “LA PRIMA LUCE” dal 24 settembre 2015 al cinema.
“La prima luce” è il nuovo film di Vincenzo Marra presentato all’ultimo festival di Venezia con un buon successo di critica. Marra è uno dei registi più interessanti del panorama italiano e lo dimostra anche con questo film che è uno psico- dramma non strappalacrime però. I protagonisti sono Riccardo Scamarcio, Daniela Ramirez, Gianni Pezzalla. E’ la storia di un fallimento di un amore amplificato dalla separazione da un figlio. Marco (Riccardo Scamarcio) è un presuntuoso e maschilista avvocato che vive a Bari insieme alla compagna Martina (Daniela Ramirez) e al loro bambino Mateo di sette anni; il legame tra i due è irrimediabilmente logoro e Martina vive una grande alienazione e depressione. Decide così di lasciare tutto e di tornare nel proprio paese senza però dire nulla al suo compagno e senza lasciare tracce. Inizialmente Marco spera in un loro ritorno e non si preoccupa, ma poi subentra in lui la disperazione per la separazione dal figlio. Anche lui decide di partire alla ricerca di Mateo e Martina andando in Sud America, a Santiago del Cile, un mondo a lui sconosciuto e ostile che accentua la sua disperazione e solitudine. Il film narra di un tema delicato, la contesa dei figli dopo la fine di un rapporto sentimentale aggravato anche dalla diversa nazionalità e dalle fughe di uno dei due genitori. E’ la storia della globalizzazione e dei pro e contro che comporta e che Marra ha trattato con estrema intelligenza. Il sentimento che si vive in tutto il film è il disagio che i due protagonisti vivono nei paesi che li ospitano e la sceneggiatura supporta bene questo disagio creando una atmosfera essenziale, pulita e senza sentimentalismi inutili. Marra ha avuto la necessità e consapevolezza di raccontare si un dramma ma senza lacrime né esagerazioni. Una curiosità del film è che il paese nel quale Marco arriva non viene mai nominato proprio per creare una storia dal sapore universale aldilà dei paesi scelti per narrare la storia e anche per creare un maggior smarrimento e senso di impotenza ai protagonisti. Un film che vive di sentimenti trattenuti ma ugualmente intensi, di tensione ben sopportabile dallo spettatore, come se fosse una tensione reale e palpabile e Marra è riuscito a lasciare fuori facili luoghi comuni e banalità sottoculturali. Il tono è pacato e sobrio con buone interpretazioni e una sceneggiatura scritta dal regista stesso con Angelo Carbone il cui punto forte è la narrazione asciutta, intensa ma senza sermoni giuridici sull’uno o sull’altro paese. L’intuizione del regista è stata quella di sottrarre l’emotività a tutto il contesto del film che lo avrebbe portato inesorabilmente al melodramma, preferendo un percorso dei sentimenti basato sulla crescita graduale delle proprie responsabilità.
DANIELA MEROLA