Penelope alla vita: “In cerca di uno schianto”
“A caduta libera…” (Subsonica)
A volte si muore.
Informazione nemmeno poi troppo rivoluzionaria, certo, ma necessaria nell’ottica dei processi che il nostro organismo mette in moto quando il “fattaccio” sta per accadere.
Penelope alla vita e’ un’ode allo scrivere, un suicidio letterario che mi obbliga al prossimo stadio evolutivo.
Penelope alla vita è Lucifero che, gettatosi dal paradiso, deve scoprire la sua arte affinché sulla schiena spuntino quelle ali che non lo eviteranno ma, a schianto avvenuto, prenderanno a battere per cercare di riportarlo la’ dove merita di essere.
Vi racconteranno che sono di Dio le mani che spingono, ma la verità è qualcosa di più sottile. E’ qualcosa che ha a che fare più con la violenza psicologica.
Dio non si sporca le mani.
Dio, con la sua altezzosa diffidenza e il suo innato egoismo, ti porta a farla finita.
Chi sa scrivere impara a farlo quando il vento preme e deforma il suo viso, quando le nuvole dispettose si scansano per non rallentare la caduta, quando gli uccelli urlano tutto il loro disprezzo per la scelta compiuta. E’ durante quel folle volo che le parole divengono frasi, che divengono storie, che si fissano nella mente. Sarà l’istinto in seguito, quel sentiero – l’unico – che ci ricollega all’immortalità da cui siamo fuggiti, a cavare dall’ammasso di fogli i romanzi; come lo scalpello dal marmo dello scultore, le statue; il pennello dalla tela del pittore, i dipinti.
Penelope alla vita racconta di quell’atto che dalla vita divina ci catapulta in quella mortale. E’ Lucifero che tenta di fregare i propri talenti al fine di riaccendere il fuoco e dunque la luce che nella sua vita precedente sapeva dominare con un semplice schiocco di dita.
Penelope alla vita è una scala a chiocciola da percorrere in cerca della verità.
«La falsità e’ troppo facile» disse George Elliot, che però in realtà si chiamava Mary Anne Evans… ma la verità non è quella che si mostra agli altri, bensì quella che si trova dentro se stessi e si fissa dritta negli occhi, come un avversario a cui si desidera fare lo scalpo.
La verità è capire chi si è diventati e accettarsi con spensieratezza. La forma con la quale poi si cerca di raccontare delle condizioni umane, ha poco rilievo. La fantasia è un cavallo senza briglie, ma un cavallo che sa di essere un cavallo alla fine tornerà sempre al maneggio.
Penelope alla vita è il bisogno di rivendicare, urlando, un posto nell’Olimpo.
Un fulmine scagliato addosso al lussurioso Zeus.
Un’onda anomala che travolge Poseidone.
Una freccia che colpisce a morte Cupido.
Penelope alla vita e’ una danza. Perché chi sa scrivere va a tempo con la musica. Una musica che gli suona dentro. Una musica che genera passi, sequenze, acrobazie, prese.
Penelope alla vita è l’assolo di una ballerina di fila che, d’un tratto, rompe la sua per fare l’Etoile.
Penelope alla vita è Ultron contro gli Avengers. E’ Sokovia che si alza in volo per diventare meteorite che poi precipita e causa l’estinzione.
Penelope alla vita è la penna che vuole raccontare di quel che sboccia da sotto le macerie.
“E t’amo, t’amo, ed è continuo schianto” (Giuseppe Ungaretti)