Ho imparato a sognare, una deliziosa lettura
Michele Orione con Ho imparato a sognare, edito dalla Kimerik, ci ha regalato pagine piene di speranza e di gioia, la voglia di credere nei giovani e nella loro grande forza vitale. Lo scrittore ci contagia e ci fa ben sperare per un futuro, tutto sommato, per nulla da buttar via se la nuova generazione possiede principi e sogni così brillanti. Una lettura deliziosa sia per noi grandi sia per i ragazzi…il mondo li sta attendendo.
Com’è nato “Ho imparato a sognare”? Nasce da una passione autentica e decennale per la pallavolo; da esperienze ed emozioni vissute grazie a questo meraviglioso sport e ai suoi protagonisti.
Ci racconti, sommariamente, la trama della sua opera. In una sera d’inizio primavera, l’esuberante, vulcanica e frizzante diciassettenne Nadia, detta Nanà, e l’amica del cuore Alessandra, si allenano fra le fredde e rappezzate mura della vecchia palestra del paese. La passione per la pallavolo e la loro innata complicità, portano le due giovani a restare in campo, ben oltre l’orario previsto. Il richiamo con cui il burbero custode dell’impianto, Tonino, le invita a raggiungere le compagne nello spogliatoio, riporta Nanà e Alessandra alla realtà, quasi a risvegliarle da un sogno. Nadia, però, non ha alcuna intenzione di smettere di sognare, così quell’ordine: “muovetevi a cambiarvi”, diventa il pretesto per coinvolgere l’uomo, suo malgrado, in una scommessa che ha il sapore di una romantica promessa, di un sogno da realizzare troppo grande per non essere condiviso. Così Nadia dirà all’uomo: “ Quando una di noi arriverà a vestire la maglia della Nazionale, ti regalerò una cravatta rossa, rossa sgargiante come il colore del vecchio portone del palestrone e tu, vecchio burbero, la indosserai per un giorno”.
Questa promessa sarà il pretesto per non dimenticare un sogno che…
Le protagoniste sono personaggi positivi per i teenager, questo romanzo è rivolto soprattutto a loro? Il romanzo è dedicato ai giovani alla loro frizzante spavalderia, alla loro esuberanza, alla loro vitalità; ma vuole essere un monito per i più grandi, per chi ha il compito, oserei dire l’obbligo, di credere nella nuova generazione. Uno dei passaggi più intensi è il discorso del Presidente Strevi che sprona il vecchio custode a non smettere mai di credere nei ragazzi. Consapevole che per farlo ci vuole impegno, dedizione, follia ma le gioie, le soddisfazioni che loro sanno trasmettere sono immense: ” t’insegnano a sognare, e non importa l’età… si può sognare a qualsiasi età”.
Lo sport forgia moltissimo la personalità, è d’accordo con quest’affermazione? Assolutamente sì. Credo che lo sport sia fondamentale per crescere, per comprendere i propri limiti e provare a superarli, per far emergere la personalità e le potenzialità di ognuno di noi. Lo sport è una delle più belle metafore di vita: allenarsi ogni giorno per diventare migliori, giocare fino alla fine con il massimo impegno, imparare anche dalle sconfitte.
Perché il colore rosso… il portone, la cravatta? Con il colore rosso si identificano le passioni. Questo romanzo ne è talmente intriso che come dissi, scherzando, al mio editore: ” con la passione abbiamo colorato anche la copertina”.
Quanto tempo ha impiegato per scrivere la sua opera? Ho iniziato a sentirlo circa quindici anni fa incontrando lungo il cammino molte Nanà, molti Tonino, molti Paolo Strevi: ragazzine con un sogno da realizzare e maestri che hanno avuto la lungimiranza, la passione e la follia di credere in loro. Questo libro era nella mia mente e nel mio cuore da molto, a metterlo per iscritto ho impiegato poco tempo.
Vuole parlare un po’ della sua vita (solo per conoscerla meglio)? Mi piacciono le sfide impossibili, gli obiettivi inarrivabili. Si chiama, anche questa, voglia di vivere. La pallavolo femminile è la mia passione, la mia fonte inesauribile di straordinarie emozioni; amica, talvolta amante, spesso compagna di vita. Viaggio. Viaggio per conoscere il mondo, le persone, le culture. Visito sempre mercati e cimiteri. Se vi sembra tetro visitare i cimiteri sappiate che fanno parte della vita e dicono della cultura di un popolo molto più di noiosi manuali. Mi piacciono i girasoli, le rose blu e le calle bianche. Ho avuto un grande maestro di vita, mio nonno Renato, che mi ha insegnato valori quali l’onestà, l’umiltà e il rispetto per la parola data; mi ha fatto comprendere l’importanza di una stretta di mano, la sacralità della famiglia e del lavoro. A lui devo e dedico quei momenti della mia vita in cui sono stato e dimostrerò di essere uomo.
Progetti per il futuro? Quanto tempo ho a disposizione per la risposta? Beh…provo a fare una sinossi. Riassumerei il tutto con: provare a realizzare altri piccoli grandi sogni e recuperarne altri, quasi dimenticati.
Anna Pizzini