Il Museo della carta di Amalfi
Il Museo della carta di Amalfi è un’ex-cartiera trasformata in museo nel 1969 per volere di Nicola Milano, proprietario della cartiera ed appartenente ad una delle famiglie amalfitane famose per essere state operanti nella produzione e fabbricazione della carta di Amalfi (o carta bambagina).
Il museo è attrezzato e le visite guidate avvengono sia in italiano che in inglese.
La cosa credo più interessante è che il museo è perfettamente funzionante e i visitatori possono assistere alla produzione con tecniche antiche della carta attraverso la procedura timica della tecnica amalfitana.
Il museo, situato nella valle dei Mulini, nella parte interna della città, ospita i macchinari e le attrezzature (opportunamente restaurati e come detto perfettamente funzionanti) impiegati nell’antica cartiera per realizzare la carta a mano. Al primo piano sono stati allestiti, inoltre, un’esposizione di fotografie e stampe documentaristiche e una biblioteca a tema contenente libri sulle tecniche di produzione, a testimonianza dell’importanza assunta da questo manufatto nella storia della repubblica marinara.
La visita guidata, della durata di 15-20 minuti circa, include anche la possibilità di assistere dal vivo alla realizzazione di un foglio di carta di Amalfi.
Carta di Amalfi
La carta di Amalfi, detta anche Charta Bambagina, è un particolare e pregiato tipo di carta prodotto fin dal Medioevo nella città campana.
Se ne hanno notizie a partire dal XIII secolo sebbene pare che le cartiere della repubblica marinara fossero attive già in precedenza.
Proibita nel 1220 da Federico II per gli atti notarili in quanto meno duratura della carta pergamena, ha tuttavia continuato ad essere prodotta e utilizzata, tanto che, nel XVIII secolo ancora una ventina di cartiere risultavano attive ad Amalfi e nelle vicine città. Fogli antichi di carta Amalfitana, a dispetto dei timori che ne comportarono il divieto d’uso, sono tuttora conservati e riportano documenti del ‘400.
In seguito ad una alluvione che colpì Amalfi nel novembre 1954, quasi tutte le cartiere furono distrutte, lasciandone intatte tre. Rimasero attive soltanto tre famiglie di cartai: quella di Francesco Imperato, che pochi anni dopo ne installò una nuova a Palermo e lì continua ancor oggi a produrre carta tissue con la denominazione CARTIERA IMPERATO, i Milano, che riconvertirono la loro cartiera in museo (il Museo della cartaappunto), e gli Amatruda, che ancora oggi continuano a produrre la carta a mano.
Attualmente la carta di Amalfi viene frequentemente utilizzata in occasione di annunci di cerimonie.
Procedimento di produzione
La carta di Amalfi deve il suo secondo nome, Charta Bambagina, al particolare procedimento di produzione, che, prescindendo dall’utilizzazione della cellulosa ricavata dal legno, parte da raccolte di cenci e stracci dilino, cotone e canapa di colore bianco.
Tali stoffe venivano in passato ridotte in poltiglia per mezzo di magli chiodati mossi da mulini a propulsione idraulica (ancora oggi visibili nella zona), oggi invece attraverso macchinari più sofisticati che ne permettono una maggiore raffinatezza.
La fibra, disciolta nell’acqua veniva e viene poi, a mano, trasformata in fogli per mezzo di telai formati da fili di ottone e bronzo, recanti per lo più in filigrana, gli stemmi delle antiche famiglie nobiliari della città.