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Recensione libro “La droga del coraggio”

“La droga del coraggio”

 

Pensi che non toccherà mai a te. Poi una mattina porti al tuo dottore i risultati degli esami del giorno prima e a lui nasce il sospetto della presenza di una di quella “cose” che finiscono in oma. E te lo dice.

Rimani di sasso, le parole congelate in gola: passi lo sguardo dalle  analisi al medico e da lui a quelle. E vorresti fuggire, uscire dall’incubo perché di un incubo deve trattarsi, non può essere la realtà. Alla fine ti decidi a parlare: Mi vuol dire che potrei avere un tumore?

Sì, è proprio quello; il camice bianco ti parla con gentilezza, comprensione, professionalità. Tutte robe che non cambiano niente: sempre con un tumore ti ritrovi.

Passi la giornata dietro a un perché infinito; martellante e doloroso ti accompagna per l’intera notte e non ti fa dormire. E la mattina, quando hai esplorato tutte le speranze, ti sei mille volte confortato (ma sì, la scienza, i progressi della medicina…) e sconfortato (la gente, però, continua a morire di tumore, il mio come sarà, brutto, avanzato e invincibile oppure ragionevole, controllabile?), ecco, lì sei al momento dell’inizio della guerra al male e devi decidere come e insieme a chi combatterla.

La protagonista del romanzo è giunta al bivio più importante della sua vita; è il momento di fare appello a tutta se stessa per trovare il coraggio che serve a percorrere una strada sul bordo del precipizio.

Ma che cos’è il coraggio? Laura lo scopre man mano che confronta la sua angoscia con chi le vive intorno; con la tenerezza che le occupa il cuore quando è con la figlia Francesca, la dolcezza della madre Viola e della sorella Nadia, la scontrosità del fratello Enrico, la gentile cordialità del cognato Gianni, la scrupolosa attenzione, per lei, dell’amica dottoressa Camilla. E pure con le asprezze del marito Stefano al quale, donna né fragile né sottomessa, non fa mancare le sue.

Per Laura il coraggio sarà riuscire a estrarre dai ricordi e dalle riflessioni nate dal dramma che sta vivendo il bello che la memoria le offre come strumento capace di aiutarla a vivere il tempo che l’aspetta. Superando ostacoli, posti da lei o dagli altri, che di volta in volta si sono chiamati ripicca e astio, incomprensione e testardaggine, suscettibilità, impulsività, collera. E adesso pure paura.

Sarà l’arma che brandirà a difesa della sua vita: imprimersi nell’animo la volontà di impegnarsi a comprendere, apprezzare condividere, sentirsi completamente parte della famiglia con tutti i difetti e gli squilibri propri a ogni famiglia. Il rifugio, però, sempre più sicuro al mondo. Anche contro il prevalere dell’interesse, della voglia di proprietà di una casa o di un bene qualsiasi, dell’amore inesorabile che portiamo al nostro “io” e che ci fa dimenticare una verità: le mancanze di rispetto verso gli altri, specie se a noi legati da vincoli di sangue, sono ferite profonde, le meno facili da curare; e se le lasci vivere a lungo diventano inoperabili.

Laura prende coscienza che c’è altro da fare nella vita, e di meglio, specie se si abbandona la presunzione di farlo da soli e ci si sforza di avere fiducia negli altri. Torna in mente l’eroe de “La peste” di Camus,  uno dei più bei romanzi del XX secolo; dico il dott. Rieux  quando spiega al gesuita Paneloux: Ce que je hais c’est la mort et le mal, vous le savez bien. Et que vous le vouliez ou non, nous sommes ensemble pour les souffrir et les combattre

(Tutto il mio odio va alla morte e al male, lei lo sa bene. E che le piaccia o no, entrambi siamo qui a subirli e a combatterli).

Questa storia di passione e resurrezione dai gorghi del male viene raccontata con apparente disincanto da Valentino, che sa approfittare di capacità di analisi sue proprie con in più il retaggio di una professione medica vissuta con coscienza professionale, dedizione e rispetto per chi soffre. Inoltre, la narrazione è resa di lieve lettura grazie alla scelta di uno stile di scrittura tutto nel segno della chiarezza e dell’essenzialità.

Un pensiero per la suggestiva atmosfera creata dai disegni di Daniela Gabrielloni che impreziosiscono il testo: pochi tratti, all’apparenza sbrigativi, ma ricchi di poesia.

                                                                           Lino Palanca

Loreto, 2 settembre 2018

Note introduttive:
Il libro prende spunto da una storia vera. È il racconto di Laura, una giovane donna che dopo il matrimonio va a vivere lontano dal proprio paese. Paradossalmente, il desiderio di riavvicinarsi ai propri cari la porterà a uno scontro durissimo, fino all’inevitabile rottura dei rapporti. Ma il nuovo corso degli eventi la farà riflettere sul senso della vita. Insieme a Laura, altre figure femminili rivestono un ruolo fondamentale nel racconto. Hanno caratteri diversi, ma un elemento comune le sorregge: il coraggio. Che è il tratto distintivo delle donne che soffrono… Di fronte ai contrasti, alla malattia, alla viltà dell’uomo, alle problematiche che la sorte mette in campo. Non si può non innamorarsi di ognuna di esse, perché dentro il cuore portano i segni del dolore, ma non smettono mai di inseguire l’armonia, i sogni, la speranza, l’amore. Daniela Gabrielloni

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