“Tre stanze per un delitto” di Sophie Hannah
PER “PENSARE PAROLE”: RECENSIONE LIBRO “TRE STANZE PER UN DELITTO” di SOPHIE HANNAH per martedì 7 ottobre 2014; Mondadori editore.
Il ritorno di Hercule Poirot ad opera della scrittrice Sophie Hannah che non è Agatha Christie con buona pace di quest’ultima; il ritorno del geniale detective belga è un Poirot diverso ma ugualmente efficace, diverso come era naturale che fosse. Sophie Hannah è assolutamente una grande giallista e questo libro lo dimostra nonostante il suo protagonista sia alquanto ingombrante, il suo mito lo è, ma la scrittrice se l’è cavata egregiamente e va subito detto. Sono piovute addosso alla scrittrice critiche gratuite e senza senso per questo ritorno di Poirot nel “tre stanze per un delitto” edito da Mondadori; è toccato agli eredi di Agatha Christie e al nipote Matthew Pritchard in particolare di rompere gli indugi ed autorizzare un nuovo capitolo delle avventure del famoso detective, riportare in vita di nuovo Poirot affidandolo a Sophie Hannah, e la scelta è stata giusta. Il famoso detective è ritornato in vita a quarant’anni dalla sua scomparsa decretata dalla sua creatrice nel lontano 1975 con l’ultimo libro intitolato “sipario”, ritornato in vita grazie al libro “tre stanze per un delitto”; milioni di fans sono stati lieti di questa nuova occasione ma altrettanti hanno criticato la scelta definendola una mera operazione commerciale, che si può esserlo, ma non si può far torto a Sophie Hannah che con scrupolo ed attenzione ha scritto una nuova pagina su Hercule Poirot ed ha fatto un ottimo lavoro, checché ne dicano gli ammiratori salvo poi comunque comprarlo e leggerlo, quindi al bando le sterili polemiche. Questo Poirot è il vero Poirot, con le sue manie della pulizia e della simmetria delle cose, i suoi baffetti impomatati, il suo sarcastico humour, tutto il suo essere “eccezionale”; il titolo originale “MONOGRAM MURDERS” svilisce un po’ la traduzione italiana che comunque coglie il concetto del titolo e ne coglie in pieno il contenuto del libro. Il Poirot di Sophie Hannah è il solito detective in forma, vivace, ironico, acutissimo; siamo nel 1929, anno in cui non uscì alcun libro della Christie e non è a caso la scelta dell’anno, e Poirot è deciso a prendersi una vacanza; se ne sta così in una pensioncina semi sconosciuta a Londra che gli consente di sfuggire ai clienti e ai curiosi senza la necessità di viaggiare; gli fa da aiutante il giovane investigatore di Scotland Yard Edward Catchpool e lo assiste una cameriera del Cafè Pleasant, un ristorantino dove si mangia divinamente nonostante i cuochi siano inglesi. Qui un giorno arriva JEANNIE una giovane affranta che riconosce Poirot e gli comunica che sarà lei vittima di un omicidio; in contemporanea all’hotel Blokham accadono tre omicidi in tre stanze diverse, il “monogram” del titolo si riferisce alle iniziali dei gemelli che vengono ritrovati in bocca alle vittime. Una ottima indagine portata avanti dalla scrittrice e dove c’è il perfetto “clima “ inglese e non in senso atmosferico, un contesto mai oleografico ed una buona caratterizzazione dei personaggi e delle loro psicologie. Il paese di campagna che sullo sfondo è protagonista delle indagini Great Halling restituisce tutti i veleni e la cupezza della storia narrata. La scrittrice non ha imitato l’inconfondibile stile di madame Agatha, ha creato un suo stile scorrevole e puntiglioso con l’aggiunta anche dei una voce narrante fuori campo che narra le vicende con la voce e le considerazioni del giovane detective Catchpool ed il risultato è stato eccellente. L’intrigo è ben costruito, Poirot ne viene coinvolto totalmente e la sua arguzia messa duramente alla prova; il giallo risulta godibilissimo e concentrato nella ricerca delle indagini. E’ inutile fare i puristi dello stile di Agatha Christie, Poirot in questo giallo è efficace e tenace come al solito e tutti i suoi veri ammiratori di sicuro saranno felici di averlo ritrovato di nuovo.
DANIELA MEROLA
Libro noiosissimo. Ho fatto fatica a terminarlo e pensare che avevo riposto in questo progetto grandi speranze. Anche perché pensavo che il nipote avrebbe garantito almeno una trama degna della nonna. Nient’affatto. Non regge la storia. E’ tutto fiacco e ripetitivo. Quattrocento pagine di cui almeno trecento inutili. Ma avete presente che editing eccezionale faceva la signora Volpatti? Asciugava e rendeva tutto logico e perfetto. Bei tempi!